martedì 19 febbraio 2008

Pianeta oscuro "tradito" da una stella


ASTRONOMIA

HA UNA MASSA PARI A MILLE VOLTE QUELLA DELLA TERRA DA CUI DISTA 255 ANNI LUCE. È STATO INDIVIDUATO GRAZIE ALLA SUA “OMBRA”

Pianeta oscuro "tradito" da una stella

Si chiama HD 17156b il nuovo pianeta esterno al Sistema solare e il merito della sua scoperta va soprattutto ad un gruppo di ricercatori italiani.
Il pianeta, scoperto nell’ambito della missione spaziale CoRoT alla ricerca di pianeti extrasolari, dista dalla Terra 255 anni luce e si trova nella costellazione Cassiopea, ben visibile in queste settimane d’autunno.
Ciò che rende eccezionale questa scoperta sono da un lato l’intrinseca difficoltà nell’osservare l’evento, poiché esso si ripete solo ogni 21 giorni ed è estremamente debole, dall’altro lato il fatto che è avvenuta utilizzando dati raccolti con strumentazioni amatoriali.
Le osservazioni sono state condotte nella notte tra il 9 e il 10 settembre 2007 con telescopi di diametri tra 18 e 40 centimetri e si sono durate ininterrottamente oltre 18 ore. Man mano che la notte si spostava gli osservatori europei cedevano il testimone ai loro colleghi americani. Nei giorni successivi l’analisi delle immagini ha mostrato la traccia che gli astronomi inseguivano: una minuscola, quasi impercettibile diminuzione della luce della stella, generata dal pianeta che le passa davanti.
La scoperta non è però avvenuta per caso: la presenza di un corpo massiccio orbitante attorno alla stella HD 17156 era nota dalla primavera scorsa.
Il pianeta è stato scoperto con la tecnica delle velocità radiali, detta anche velocimetria, che permette di misurare le variazioni di velocità di una stella rispetto alla Terra. Nel caso di HD 17156 le misurazioni hanno mostrato che il corpo scuro aveva una massa minima pari a tre volte quella di Giove, ovvero circa mille volte la massa della Terra, un periodo orbitale, che corrisponde all’”anno”
Di questo pianeta di soli 21 giorni, e un’eccentricità enorme, pari a 0,7, un valore che nel Sistema solare ritroviamo solo nelle comete.
Da “L’Arena di Verona”

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