domenica 17 febbraio 2008

Siamo figli di tante specie


Proveniamo tutti dall’Africa? No: secondo le ultime scoperte

Siamo figli di tante specie

I reperti di Homo sapiens sono troppo diversi per discendere da un unico ceppo africano: gli ominidi si sono sviluppati in modo autonomo in Africa, Europa e Asia.
Con molte coincidenze...

Nuovi fossili e prove del Dna: vacilla la teoria della provenienza africana dell’Homo sapiens


Scoperti in Georgia gli ominidi europei più antichi: erano della specie Homo ergaster. 1,7 milioni di anni fa si procuravano la carne dalle carcasse degli animali, in competizione con le iene. Trovati in Romania i più vecchi rappresentanti dell’uomo moderno (Homo sapiens sapiens): mostrano segni di discendenza dall’uomo di Neanderthal. Infine, estratto il Dna dai fossili dei primi indigeni australiani: la prova che l’evoluzione umana avvenne in luoghi distanti fra loro.

Popolo “eletto”?
Queste tre recenti scoperte scientifiche minano la teoria – tuttora molto diffusa – secondo cui l’uomo moderno proviene dall’Africa. Questa teoria definita ”out of Africa”, dice che tutti gli uomini moderni provengono da un’unica piens, comparsa in Africa circa 150 mila anni fa, come forma di evoluzione dell’Homo ergaster. Quest’ultimo era anche uscito dall’Africa, più di un milione di anni fa, dando vita solo a forme di ominidi che si estinsero e vennero sostituite dall’intraprendente Homo sapiens sapiens di ben più recente origine africana. Uno scenario, insomma, molto simile ad una migrazione “biblica” di un popolo “eletto” di ominidi che prese il posto di altri. Con una curiosa coincidenza: tra le forme più evolute di Homo sapiens sapiens si contano anche fossili trovati nell’attuale Israele, in località come Oafzeh e Skull.
Le ultime scoperte, però, sembrano dare ragione all’altra ipotesi sulle origini dell’uomo moderno, quella “multiregionale”: l’Homo ergaster sarebbe uscito dall’Africa molto prima di un milione di anni fa ( e il ritrovamento della Georgia ne è una prova) dando origine a forme locali più evolute. L’uomo moderno nacque così in modo separato ed indipendente in Africa, Europa, Asia centro-orientale e Sud-est asiatico. I 4, forse 5 tipi, in certa misura si mescolarono anche fra loro, ma restano tracce fisiche e genetiche della loro diversità. Se un antenato comune vi fu, questo non risalirebbe a 150 mila anni fa (come ritengono i sostenitori dell’”out of Africa”), ma a quasi due milioni di anni or sono, sotto forma di Homo ergaster. Una delle più importanti conferme di questa ricostruzione multiregionale è stata la recente ridatazione (con un nuovo metodo basato sul decadimento dell’uranio nel tempo) dell’Homo sapiens di Liujiang, nella Cina del sud.

Mutazione originaria
Il precedente metodo, basato sul carbonio 14, lo assegnava a 30 mila anni fa. Ora si è stabilito che ne ha almeno 70 mila, forse anche 130 mila. E questo rende più debole la teoria “out of Africa”. Ipotesi che ha come pilastro uno studio apparso nel 2001 su Science in cui, esaminando il cromosoma Y (quello presente solo nei maschi) di 163 popolazioni (sulla base di 12 mila campioni), dall’Africa all’Iran, alla Nuova Guinea, aveva messo in luce che le tre diverse mutazioni riscontrate derivano tutte da una più antica, originale, avvenuta in Africa. Quindi era logico supporre che l’umanità esistente venisse tutta da lì.

Orologio molecolare
Circa 15 anni fa, utilizzando il Dna mitocondriale (quello presente nei “motori” delle cellule umane), i ricercatori misero a punto una sorta di “orologio molecolare” che collocava la discendenza africana a circa 150 mila anni fa (calcolo confermato dal recente ritrovamento in Etiopia, a Herto, di fossili umani dai tratti moderni dell’età di 160 mila anni). Da 90 mila a 35 mila anni fa, come calcolato dall’orologio molecolare, i sapiens sapiens si sarebbero sparsi per il mondo, senza peraltro incrociarsi con gli altri ominidi in via di estinzione, ma sostituendoli. “Questo scenario non appare più corretto perché abbiamo estratto ed amplificato il Dna di antichi indigeni australiani che esclude la loro provenienza dall’Africa” dice Alan Thorne, antropologo dell’Australian National University.
I ricercatori australiani sono riusciti ad estrarre Dna mitocondriale dall’uomo di Mungo (età stimata: 60 mila anni) e da altri reperti locali. Hanno fatto un confronto con sequenze genetiche africane e riscontrato la presenza di mutazioni autonome, il segnale di una evoluzione separata, locale. Per Chris Stringer, del Museo di storia naturale di Londra e fondatore dell’ipotesi “out of Africa”, estrarre Dna da reperti così antichi potrebbe comportare “contaminazioni”. Occorre ripetere l’esperimento per convalidarlo. Inoltre, le mutazioni possono essere esistite anche nell’originaria popolazione africana, per poi scomparire.
L’esame anatomico dei fossili sembra però contraddirlo. Milford Wolpoff, del Dipartimento di antropologia dell’Università del Michigan, ha pubblicato sempre su Science un confronto tra sapiens europei, asiatici, australiani e africani. Risultato: esistono almeno tre origini indipendenti, non si può parlare quindi di una provenienza comune africana. In particolare, l’ominide australiano dei Willandra lakes avrebbe come diretto progenitore l’Homo erectus di Giava. Le forme più recenti di questo ominide di Giava risalgono a circa 18 mila anni fa, e possono anche essere considerate Homo sapiens sapiens. Si potrebbe perciò parlare di evoluzione sul luogo.

Nani per vivere
Un’altra scoperta a favore dell’ipotesi multiregionale è il ritrovamento nell’isola di Flores, 300 miglia ad est di Giava, di una popolazione fossile di sapien sapiens pigmei. È probabile che venissero da Giava e che la statura sia poi diminuita come spesso avviene per gli animali nelle piccole isole. “I test genetici rimangono un metodo indiretto per ricostruire le origini dell’uomo” spiega il paleontologo cinese Wang Wei “mentre le datazioni e il confronto delle forme sono metodi diretti. L’ominide cinese più antico, trovato a Yanmou, ha 1,7 milioni di anni. E la nostra nuova datazione, replicata nel laboratorio australiano della Queens University, che sposta a circa 100 mila anni l’età dell’uomo di Liujiang, rende ormai difficile sostenere l’ipotesi “out of Africa”. Tutti i fossili umani cinesi hanno una morfologia comune: denti incisivi a paletta, fosse orbitali rettangolari e faccia piatta, ad indicare un’evoluzione continua in Cina da 1,7 milioni di anni or sono fino ai cinesi moderni”.
Se le cose stanno così, l’umanità ha avuto almeno 3 origini (Africa, Europa e Cina), molto probabilmente 4 (contando la discendenza australiana dall’uomo di Giava) forse 5 (con l’antico uomo di Dmanisi in Asia occidentale). L’evoluzione quindi non premiò una sola genìa, ma diversi gruppi di ominidi. Senza che contassero specie, sottospecie o razze, scelsero in modo indipendente la cooperazione e il pensiero astratto come stile di vita: agivano in gruppo per procurarsi il cibo, dipinsero figure sulle rocce, modellarono oggetti di terracotta, cercarono gli spiriti nella natura e tentarono di programmare il loro destino.
Franco Capone

Focus


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