giovedì 20 novembre 2008

Quando l'anima dimorava nella lapide



Archeologia
Età del ferro nel Vicino Oriente
Quando l'anima dimorava nella lapide




Una stele con testo e immagini rinvenuta in condizioni quasi perfette prova che le antiche popolazioni del luogo ritenevano che l'anima del defunto abitasse nella suo monumento funebre

"Io, Kuttamuwa, servo Panamuwa, sono quello che ha provveduto in vita alla produzione di questa stele. L'ho posta nella camere eterna (?) e ho disposto un banchetto per [il dio della tempesta] Hadad, un montone per [il dio del Sole] Shamash, ... e un montone per la mia anima che è in questa stele." Questa incisione su una stele rinvenuta nelle regioni sud-orientali della Turchia, nel sito archeologico di Zincirli, dimostra che le popolazioni locali dell'età del ferro ritenevano che l'anima del defunto abitasse nella sua stele commemorativa. La scoperta è stata fatta da un gruppo di archeologi dell'
Università di Chicago diretti da David Schloen, che presenterà la "stele di Kuttamuwa" al convegno dell'American Schools of Oriental Research a Boston il 22 novembre prossimo.
"La stele è in condizioni quasi perfette. E' una combinazione unica di testo e immagini e ci fornisce un'importante sovrappiù di conoscenza dell'antico linguaggio e delle cultura della regione" ha detto Schloen.
Il sito di Zincirli - vicino all'antica città di Sam'al, al confine fra Anatolia e Siria - fu scavato per la prima volta nel corso degli anni novanta del XIX secolo da archeologi tedeschi, che vi rinvennero le mura di una città e diversi palazzi. Dato che su di esso non sono state costruite altre città, appena sotto la superficie si trova materiale dell'età del ferro eccellente, in buona parte ora conservato dei musei di Berlino e di Istanbul.
La stele è stata scoperte l'estate scorsa in un piccolo ambiente che era stato convertito in cella mortuaria per un ufficiale reale che si descrive nell'iscrizione come "servo" del re Panamuwa dell'VIII secolo a.C. E' stata trovata in prossimità delle mura della città in un'area residenziale, forse proprio la casa di Kuttamuwa, alquanto distante dal palazzo reale dove in precedenza erano state rinvenute diverse iscrizioni.
Secondo Schloen, la stele dimostra chiaramente che la cultura dell'età del ferro di Sam'al aveva ereditato trazioni culturali semitiche e non semitiche. Kuttamuwa e Panamuwa, sono infatti nomi non semitici, che riflettono le migrazioni nella regione delle popolazioni che parlavano lingue indoeuropee, avvenute in epoca hittita. Nell'VIII secolo a.C., queste popolazioni parlavano però un dialetto semitico occidentale e si erano completamente integrate nella cultura locale. L'iscrizione di Kuttumuwa, osservano i ricercatori, mostra un affascinante rimescolamento di elementi culturali semitici e non semitici, fra cui la credenza in un'anima persistente, che non abitava nella salma del defunto, come nel tradizionale pensiero semitico, ma nella lapide commemorativa, probabilmente perché i resti venivano cremati, pratica accuratamente evitata nelle culture semitiche.
Il testo è redatto in una scrittura derivata dall'antico fenicio in un dialetto semitico simile ad aramaico ed ebraico ed è di grande interesse sia per i linguisti sia per i biblisti e gli storici della religione in quanto proviene da un regno contemporaneo all'antico regno di Israele che con quest'ultimo aveva molti punti di contatto linguistici e culturali.
La scoperta getta una nuova sorprendente luce sulle credenze della vita ultraterrena nell'Età del ferro, e in particolare sulla credenza che l'identità, "l'anima", del defunto, permanesse abitando all'interno del monumento su cui era stata tracciata la sua immagine, come sottolinea la frase finale dell'incisione. (gg)
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