Cent'anni fa accadde a Tunguska
Autore: scienzetv
Data di creazione 17/06/2008 - 13:00
Autore: scienzetv
Data di creazione 17/06/2008 - 13:00
TUNGUSKA, Russia -- Cento anni fa, nei pressi del fiume Tunguska, qualcosa di unico arrivò da sopra l’atmosfera per causare una catastrofe. L’oggetto distrusse milioni di alberi. Ma allora perché non ci fu nessun cratere? L'ipotesi più accreditata è la deflagrazione del corpo celeste nel cielo e la trasformazione dell'energia cinetica in energia termica. Questo spiegherebbe gli alberi bruciati, ma la vicenda resta irrisolta.
Il 30 giugno 1908 un oggetto extraterrestre era in rotta di collisione con la Terra. Quindi alle 7 e 14, in prossimità del fiume siberiano Podkamennaja Tunguska, un oggetto celeste si schiantò a terra, distruggendo tra i 50 e i 60 milioni di alberi su un’area di circa 220 chilometri quadrati. Ma il fenomeno lasciò dietro sé un mistero: l’arrivo di quell’oggetto, infatti, non produsse alcun cratere apparente come ci si sarebbe aspettati. E ciò nonostante il fatto che il boato prodotto dall’esplosione venne percepito a circa 1000 chilometri di distanza. A 500 chilometri alcuni testimoni sostennero di avere visto sollevarsi una nube di fumo simile a quella che produce una bomba atomica. Si racconta che l'onda d'urto fece quasi deragliare un treno della Transiberiana a 600 chilometri dal punto di impatto. Da questi dati si è calcolato che la potenza di quell’esplosione sia stata compresa tra 10 e 15 megatoni. Purtroppo a causa della situazione politica di qual periodo nella ex Unione Sovietica e in seguito alle difficoltà per raggiungere il luogo, l’area dell’impatto venne raggiunto dalle prime spedizioni scientifiche solo dopo una ventina d’anni. La prima missione scientifica la si deve al geologo russo Leonid Kulik, il quale tra il 1927 e il 1939 organizzò 4 spedizioni. Kulik si aspettava di trovare un cratere e, anche se non lo trovò, sostenne comunque di averne individuato uno. Ciò per evitare di mettere a rischio la sua reputazione di scienziato. Ma un masso, che secondo Kulik, era ciò che rimaneva di un asteroide caduto dal cielo, in realtà era semplicemente un masso trasportato fin lì dai ghiacciai. Da allora comunque, e sempre più negli ultimi anni seguenti, si sono succedute numerose spedizioni anche internazionali. L’Università di Bologna poi, a partire dal 1991 ha intrapreso una serie di ricerche nell’area, ricerche che sono ancora in corso. Alcuni mesi or sono il gruppo di lavoro di ricercatori italiani dell'Ismar-Cnr e delle Università di Bologna e Trieste - Luca Gasperini, Francesca Alvisi, Gianni Biasini, Enrico Bonatti, Giuseppe Longo, Michele Pipan e Romano Serra ha pubblicato sulla rivista scientifica Terra Nova, il risultato delle ultime ricerche che indicherebbero in un piccolo lago, chiamato Cheko, un piccolo specchio d'acqua di circa 500 metri di diametro il cratere causato dall'impatto di un 'frammento' di circa cinque metri, sopravvissuto all'esplosione principale, che si è schiantato a 'bassa velocità', ovvero a circa un chilometro al secondo. Questa scoperta, se confermata, contribuirà, cento anni dopo a svelare il mistero di Tunguska, dando forti contributi, e nuove paure, sulla comprensione degli effetti dell'impatto di un asteroide o una cometa con la Terra. Ipotesi tutt'altro che remota e non infrequente nella storia del nostro pianeta. L'ipotesi più accreditata da parte degli scienziati vuole che come causa del fenomeno dell'esplosione fosse stato l’arrivo di una cometa di circa 30 metri di diametro che giunse in prossimità della Terra ad una velocità di almeno 15 chilometri al secondo. La deflagrazione del corpo celeste sarebbe avvenuta ad una altezza di 8 chilometri. Ciò a causa della resistenza prodotta dall'atmosfera che può aver frantumato la cometa, la cui energia cinetica venne convertita in energia termica. Questo spiega perché vennero bruciati gli alberi, ma non si trovò alcun cratere. La conseguente vaporizzazione dell'oggetto roccioso, inoltre, ha causato un'immane onda d’urto che ha colpito il suolo. Grazie ad una simulazione realizzata al computer, ricercatori della Nasa e dell'Università del Wisconsin, Christopher Chyba e Kevin Zahnle con Paul Thomas, escludono che l’oggetto fosse di natura ferrosa o carbonacea, ossia che si sia trattato di un asteroide. Nel primo caso, il corpo celeste avrebbe raggiunto il suolo senza frantumarsi, nel secondo caso, la deflagrazione sarebbe avvenuta troppo in alto nell'atmosfera per devastare una zona cosi ampia di taiga.
Luigi Bignami
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