domenica 27 aprile 2008

Una visita sul Monte Baldo




Dal Mediterraneo alle Alpi in pochi metri.

È un vero e proprio regno di specie uniche.



Il Monte Baldo, che come tutte le Prealpi ha una storia antica, è un vero e proprio regno di specie uniche. Sono almeno trenta quelle catalogate finora e tenute sempre sotto stretta osservazione, tra cui farfalle (lepidotteri), cavallette, millepiedi e coleotteri.
Nel corso dei millenni questo monte è passato attraverso diverse fasi geologiche e climatiche, fasi glaciali e interglaciali, cioè periodi molto freddi e periodi caldi, che ne hanno influenzato e modellato l’ambiente, rendendolo unico proprio per la varietà che lo distingue.
In poche centinaia di metri di altitudine si passa infatti da un ambiente di tipo mediterraneo ad un ambiente di tipo alpino sulle vette, passando così da oliveti a boschi di faggi e conifere. Ne deriva altrettanta varietà nella fauna che lo popola che è tanto più caratteristica perché endemica, cioè fatta di specie animali che vivono solo su questa montagna e non si trovano in alcun altro luogo. Sono tutti catalogati e schedati al Museo civico di storia naturale di Verona, dove molti di essi sono anche esposti e quindi visibili al pubblico.
“Durante le ultime glaciazioni, facciamo quindi riferimento particolare all’ultima avvenuta nel Quaternario circa 10-15mila anni fa, il Baldo è rimasto isolato, proprio come un’isola incastrata tra i ghiacciai del Garda e della Valdadige”, semplifica Leonardo Latella, conservatore zoologo al Museo Civico.
“Circondati dai ghiacciai, gli animali che vi abitavano non hanno più avuto contatti con quelli della Lessinia e del Trentino, ma hanno continuato a riprodursi adattandosi alle diverse temperature divenendo quindi specie a tutti gli effetti differenti. Alcuni sono sopravvissuti e hanno trovato rifugio nelle grotte, ambiente che nei periodi di alternanza climatica offrono un rifugio idoneo in quanto più caldi, altri sono rimasti all’esterno e hanno però dovuto adattarsi ai mutamenti del clima. In base alle ricerche effettuate sinora al nostro museo, che sono iniziate negli anni Sessanta e che continuamente approfondiamo, le specie endemiche sono circa trenta. Ci sono lepidotteri, tra cui in particolare due farfalle, la Glacies baldensis, che vive solo sul Monte Baldo, e la Erebia pluto burmanni, dal nome del lepidotterologo austriaco di Insbruck, Burmann, che, come molti entomologi, si appassionò alla fauna del Baldo. Fu lui a scoprire questa nuova entità che vive a quote elevate, tra i 2000 e 2500 metri di quota, tra i ghiaioni più impervi”.
Poi ci sono vari coleotteri: “Una quindicina di piccoli insetti che vivono sul suolo o sotto i sassi nelle zone più elevate del Baldo”. E le cavallette “che, pur abitando ad alta quota, dove sono rimaste isolate nel periodo glaciale, amano stare nei prati soleggiati. Tra di esse sono specie rare come la Pseudoprumna baldensis e la Chorthopodisma cobelli”.
Quindi ecco i tanti animali cavernicoli, che “come tutte le specie che stanno in grotta, sono generalmente ciechi e depigmentati con antenne e zampe allungate che permettono loro di percepire l’ambiente circostante che non vedono. Tra questi c’è il lepidottero predatore, Orotrechus vicentinus martinelii che si trova in alcune grotte del Baldo, come la Tanella a Torri del Benàco. Poi ci sono coleotteri che si nutrono di sostanze organiche in decomposizione, come la Boldoria baldensis, la quali si ciba di resti animali e vegetali. Infine i millepiedi, come la Osellasoma caoduròi, che è un’altra specie probabilmente endemica segnalata altrove una sola volta, in un’unica località del bergamasco. Anch’essa è legata ad ambienti freddi, glaciali, e, sempre per sopravivere ai mutamenti della temperatura trovò rifugio in grotta”.
Sembra strano un simile interesse per questo piccolo mondo antichissimo, ma ha un senso. Il senso della ricerca, che in questo caso tenta di capire il senso della vita, anzi della biodiversità, che sul Baldo sembra essere veramente di casa. (b.b.)

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