lunedì 29 settembre 2008

A che distanza è quella stella?




IL CIELO
29/9/2008
A che distanza è quella stella? Tre conferenze a Torino

PIERO BIANUCCI
Come si misura la distanza di una stella? E di una galassia? E del confine dell'universo? Risponderà a queste domande un ciclo di tre conferenze organizzato dall’Istituto nazionale di Astrofisica – Osservatorio astronomico di Torino nella sala dell’Archivio di Stato in piazza Castello 209, a Torino. Il ciclo si snoda su tre venerdì dal 3 al 17 ottobre, appuntamento alle ore 18. I relatori fanno parte del gruppo di ricerca dell’Osservatorio torinese. Incomincerà Renato Pannunzio il 3 ottobre con la conferenza “Sa Ipparco di Nicea alla missione Hipparcos: due millenni di astrometria”. Poi il 10 ottobre sarà la volta di Giuseppe Massone con “Astrometria e geodesia nei secoli XVII-XIX: i primordi dell’Osservatorio di Torino. Concluderà Mario Lattanzi il 17 ottobre: tema “Alle origini dell’Universo con la nuova astrometria. Misurare l’universo: il capitolo moderno di questa storia inizia nel 1838, quando l’astronomo tedesco di Koenisberg Friedrick Wilhelm Bessel (nell’immagine) per la prima volta calcola la distanza di una stella, e termina (provvisoriamente) una decina di anni fa, quando il telescopio spaziale “Hubble” ha permesso di stabilire con sufficiente precisione la velocità di espansione cosmica. Un bel libro ripercorre le tappe di questo lungo percorso scientifico. In “Oltre la Via Lattea” (Edizioni Dedalo)l’astrofisico inglese John Gribbin e sua moglie Mary, autrice di libri scientifici per ragazzi, ci raccontano questa grande avventura dell’intelligenza umana in un centinaio di pagine piene di aneddoti curiosi. All’inizio del secolo scorso si discuteva ancora se la Via Lattea fosse tutto l’universo. A fornire la chiave per risolvere l’enigma fu Henrietta Swan Leavitt, fragile ma tenace vestale dell’astronomia: scoprì che di certe stelle, chiamate Cefeidi, possiamo conoscere la brillantezza intrinseca in quanto dipende dal periodo delle loro oscillazioni luminose. Dal confronto tra luminosità reale e apparente, si risale alla distanza. Si comprese così che la Via Lattea ha un diametro di 100 mila anni luce e che certe nebulose non erano affatto nebulose ma altre galassie, lontane molti milioni di anni luce. Edwin Hubble nel 1929 annuncia che tutte le galassie sembrano allontanarsi l’una dall’altra, come se lo spazio si espandesse. E’ il nòcciolo della teoria del Big Bang. All’inizio la velocità di espansione fu sovrastimata, sicché l’universo appariva molto più piccolo e giovane. L’osservazione di altre stelle dalla luminosità standard, le nove e le supernove, prima con il telescopio di Monte Palomar e poi con il telescopio spaziale, ha permesso di valutare meglio la velocità di espansione. Oggi si ritiene che sia circa un decimo di quella stimata nel 1931. Risultato: il confine dell’universo si trova a circa 14 miliardi di anni luce, e 14 miliardi di anni è quindi anche la sua età, cioè il tempo trascorso dal Big Bang. John e Mary Gribbin si fermano qui. Ma ora gli astronomi devono fare i conti con fatti nuovi: l’espansione accelera, pare che il 95 per cento dell’universo sia fatto di materia ed energia oscure. L’avventura non è finita. Per fortuna.

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