TIRO CON L’ARCO
E’ il primo olimpionico italiano della specialità
Galiazzo “iceberg”: è oro
Nel finale rimonta con freddezza il giapponese Yamamoto
Atene. L’oro che non ci si aspettava arriva nella cornice più suggestiva. Tra le gradinate del Panathinaiko, stadio eretto alla fine del IV secolo a.C. da Licurgo e riammodernato per i primi giochi dell’Era Moderna, Atene 1896, si consuma il trionfo di Marco Galiazzo, primo olimpionico nella storia dell’arco italiano. E c’è proprio tutta Olimpia nell’impresa di questo ragazzone padovano di 21 anni, impacciato, introverso, ma freddo come un iceberg mentre scocca le sue frecce verso un bersaglio di 70 metri più in là.
Galiazzo trasforma in oro 162 frecce rivolte ad un bersaglio di 122 centimetri di diametro e un centro, quello da 10 punti, di appena 12; come la mela di Guglielmo Tell (ma lo svizzero usava la balestra), un po’ di più della fune del boia tranciata da Robin Hood pere salvare il figlio di Little John dall’impiccagione. Ci vuole una mira bestiale, sangue freddo, nessun tremore per missioni del genere. Lo stress moderno non è l’urgenza di salvare una vita, ma la folla degli spalti e delle telecamere della mondovisione, e anche la paura di fallire, possono far tremare le gambe e battere forte il cuore.
Galiazzo non si è fatto prendere dal panico. E’ rimasto calmo come un bonzo, ha estratto dalla faretra i suoi 90 siluri volanti e ha realizzato in totale 812 punti su 900 disponibili, una media superiore a 9,02 punti a tentativo. Una mira eccezionale che gli ha consentito di eliminare in successione un indonesiano, un messicano, purtroppo anche il compagno Ilario Di Buò in un derby fratricida troppo anticipato, il vicecampione olimpico di quattro anni fa, lo statunitense Vic Wunderle, il britannico Laurence Godfrey in una appassionante semifinale all’ultimo punto. Per poi regolare in conti per la medaglia d’oro con il giapponese Hiroshi Yamamoto, un insegnante di inglese di 42 anni che fu bronzo nell’84.
E’ un risultato straordinario anche per la qualità degli avversari: basti pensare che il bronzo, l'australiano Tim Cuddihy, ha realizzato il record olimpico di 340 punti nelle 36 frecce degli ultimi tre scontri. Galiazzo ha preso l'oro con 330, ma sono quelli che bastavano. Di fronte il bronzo di Los Angeles, il giapponese Yamamoto, ultra-quarantenne. Parte contratto Galiazzo con un 8 a sinistra il che consente al giapponese (due 10) di chiudere in vantaggio 28-27 il primo quarto di gara. Yamamoto, costante, centra tre 9, ma il padovano fa due 10 e, a metà gara, è avanti di un punto (56-55). Nella terza frazione altri due 10 che cancellano l’8 iniziale ed incrementano il vantaggio sull’asiatico a due lunghezze (84-82). Che diventa una soltanto a due frecce dal termine quando Yamamoto centra un 10 malgrado il vento. L’azzurro, con calma serafica ed una sicurezza da campione vero quale ha dimostrato d’essere, tende l’arco con forza e gli sono sufficienti tre 9 per cingersi il capo dell’alloro olimpico.
Suona l’inno di Mameli, l’emozione è palpabile: anche Pietro Suk, allenatore coreano trapiantato in Italia da anni e in grado di sciorinare un milanese quasi perfetto, non riesce a contenere la gioia di un oro che un po’ è anche suo, per aver portato il suo pupillo prima al titolo europeo e poi a quello olimpico all’esordio ai Giochi.
Da “L’Arena di Verona” di venerdì 20 Agosto 2004
Alfonso Chiesa
La Gazzetta dello Sport
Venerdì 20 agosto 2004
ATENE 2004
Ancora una giornata colorata d’azzurro: e ora siamo a dodici medaglie
Un arco di trionfo
Galiazzo infallibile: sbalordisce e centra un fantastico oro
Acciaio Galiazzo
Una freccia d’oro
Il 21enne dai nervi saldi trionfa nel cuore di Atene
LA STORIA
A metà ‘800 i primi campionati
Debuttò ai Giochi già nel 1900
Quando si dice che l’atletica è alle origini di tutti gli sport, che gli uomini primitivi correvano, saltavano e lanciavano, magari si dimentica che, fin dal Paleolitico (35.000 anni fa) probabilmente erano armati di un arco e di qualche freccia.
L’arco è uno dei più antichi strumenti di caccia e di offesa dell’umanità: e per migliaia d’anni fu un’arma che stimolava competizioni e confronti. L’Iliade racconta di gare di arco per i funerali di Patroclo; nell'Odissea, Ulisse, tornato a Itaca, sfidò i Proci a una prova di arco per riconquistare Penelope e il suo palazzo: Gengis Khan ebbe dall’arco, che aveva copiato dai magiari, la superiorità che gli guadagnò fama eterna.
Dell’arco conosciamo eroi e leggende, da Robin Hood e la foresta di Sherwood alla mela di Guglielmo Tell: magari non sappiamo che le prime confraternite agonistiche nacquero in Inghilterra sotto Enrico VIII, valente arciere egli stesso, e che la prima gara di cui si abbia notizia si disputò nel 1583 a Finsbury con ben tremila tiratori. Tiravano d’arco anche le signore, inclusa la regina Vittoria; e l’infallibilità con le frecce fu alla base di molti successi in battaglia degli indiani d’America.
Ma, quanto alle gare, dobbiamo arrivare fino al 1844 per trovare il primo campionato britannico di arco, al 1879 per l’esordio americano, a fine secolo per le gare francesi. L’Olimpiade di Parigi 1900 fu il primo evento a ospitare una gara internazionale di tiro con l’arco: c’erano anche le donne, assenti a St. Louis 1904, di nuovo in gara a Londra 1920.
Per le finali di Parigi, i francesi organizzarono gare in ogni villaggio, con cinquemilacinquecento partecipanti registrati e citati nel Rapporto ufficiale; ad Anversa 1920, l’arco fece la sua ultima apparizione, per la difficoltà di armonizzare le regole (la Federazione internazionale venne fondata soltanto nel 1931), prima di tornare stabilmente a Monaco 1972.
Fino a ieri, nella storia olimpica, l’Italia ha ottenuto quattro medaglie, un bronzo e un argento a squadre agli ultimi due Giochi, due terzi posti con Giancarlo Ferrari a Montreal 1976 e Mosca 1980. L’arco era nato, agonisticamente, in Italia nel secondo dopoguerra: il primo grande tiratore italiano fu una donna, Ida da Poian, campionessa europea a Zagabria 1974 nel tiro da compagna con arco ricurvo.
Elio Trifari
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