lunedì 30 giugno 2008

Nuova Zelanda, addio alle lampade tradizionali


Nuova Zelanda, addio alle lampade tradizionali
Autore: scienzetv
Data di creazione 19/06/2008 - 12:59

WELLINGTON, Nuova Zelanda -- Addio alle lampadine tradizionali. In Nuova Zelanda, dall'anno prossimo, circoleranno solo lampadine fluorescenti, di minor impatto ambientale ed energetico rispetto a quelle incandescenti. Quest'ultime saranno eliminate gradualmente per scomparire totalmente dall'ottobre del 2009.
Dopo l'Australia anche la Nuova Zelanda mette al bando le lampadine tradizionali, in uso nel Paese da 125 anni. Il ministro dell'energia David Parker ha annunciato che saranno tolte dal commercio gradualmente.Dall'ottobre dell'anno prossimo nel Paese si useranno solamente lampadine fluorescenti, che non solo inquinano meno, ma, secondo le stime, consentiranno anche di risparmiare 275 milioni di euro in dodici anni.

Valentina Corti

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4139

venerdì 27 giugno 2008

La top ten dei presunti avvistamenti UFO


Ecco la top ten dei presunti avvistamenti Ufo
Autore: scienzetv
Data di creazione 27/06/2008 - 12:55

LONDRA, Inghilterra -- E' psicosi Ufo in Inghilterra. Da quando i militari della caserma di Tern Hill hanno dichiarato di aver visto e filmato tredici oggetti volanti misteriosi, sui tabloid inglesi sono cominciate a fioccare segnalazioni di avvistamenti. Ogni giorno di nuovi. In pieno clima alieno ecco che il Sun stila una classifica delle riprese più celebri di presunti avvistamenti Ufo.
Immagini da tutto il mondo: Usa, Gran Bretagna, India, Vietnam. Tutte con un unico comune denominatore: i protagonisti dei filmati sono gli alieni. I video sarebbero stati fatti da cittadini comuni, che per caso avrebbero avuto un incontro ravvicinato con gli Ufo.Il primo video della top ten è stato girato circa un anno fa a Bonnybridge, a soli 50 chilometri da Edimburgo, in Scozia. Nel filmato compare una presunta navicella multicolore che improvvisamente cambia forma. La Scozia è piena di avvistamenti di oggetti non identificati: ce ne sono circa 300 ogni anno. E a tale proposito Bonnybridge ha conquistato il primato, tanto che numerosi turisti provenienti da tutto il mondo accorrono nella città scozzese per vedere uno di questi misteriosi oggetti volanti.Al secondo gradino del podio c'è un video girato l'anno scorso a Bangor, nell'Irlanda del Nord. Le immagini mostrano diverse luci in movimento nel cielo. Ma in questo caso la verità aliena è stata subito stroncata dalla Bbc, secondo cui i bagliori non sarebbero quelli di navicelle Ufo, bensì di lanterne cinesi accese durante le feste e spesso lanciate al vento, aspetto che provoca un effetto luminoso nel cielo.Avvistamento ambiguo anche sull'isola di Phu Quoc, in Vietnam, dove appena il mese scorso è stato filmato un oggetto volante non identificato che esplode in volo mentre sorvola il territorio. Stando a quanto riferito dalle autorità locali non dovrebbe trattarsi di un aereo, perché al momento dell'esplosione non c'era nessun velivolo nei cieli dell'isola.Un altra testimonianza sulla vicenda è quella degli abitanti di Kampot, località cambogiana situata a soli 10 chilometri da Phu Quoc, che hanno detto di aver trovato parecchi frammenti di metallo grigio grandi più di un metro e mezzo sulla terraferma. Anche in India è stato avvistato un presunto Ufo. Precisamente a a Annaikatti, nello stato di Tamil Nadu. Nel filmato si vedono diverse luci che si muovo nel cielo, formando due gruppi di sfere luminose. Il Sun elenca altri avvistamenti misteriosi, fra cui quello di due militari, che otto anni fa, nei cieli di Brighton, hanno immortalato con la telecamera una luce ambigua.Sarebbe stata una navicella spaziale anche quella avvistata a Città del Messico il 6 agosto 1997 da un cittadino sudamericano. A chiudere la graduatoria sono le immagini girate a Wilshire, in Inghilterra, e quelle catturate nella Francia meridionale da un videoamatore.
Valentina Corti
Photocourtesy of www.ufosullarete.it

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4209

giovedì 26 giugno 2008

Quanto vivrai? Te lo dice il sangue



Quanto vivrai? Te lo dice il sangue
Autore: scienzetv
Data di creazione 26/06/2008 - 11:19

LOS ANGELES, Usa -- Il sangue ci può dire quanto vivremo. Ne sono convinti alcuni ricercatori dell'università di Palermo, che hanno presentato il loro studio a Los Angeles, in occasione del convegno organizzato dalla fondazione Methuselah. Gli indicatori della longevità sarebbero delle cellule immunitarie chiamate linfociti B nativi.
Avere nel sangue molte di queste cellule potrebbe consentire di vivere a lungo. E' questa la conclusione a cui sono giunti gli esperti italiani, che hanno esaminato il sangue di 45 volontari (uomini e donne tra i 75 e i 90 anni, tutti figli di persone nate in Sicilia tra il 1900 e il 1908).Venticinque di loro hanno avuto un genitore longevo, che in alcuni casi ha vissuto 100 anni. I genitori degli altri 20 volontari invece erano morti a un'età simile o inferiore all'età media delle persone in Sicilia. I ricercatori hanno scoperto che il primo gruppo di persone aveva maggiori quantità di linfociti B nativi nel sangue.Si tratta di cellule di difesa in grado di attaccare i patogeni nuovi, vale a dire i "nemici" che il nostro corpo non ha mai incontrato prima. Per questo secondo lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista New Scientist, la longevità è legata ad una migliore difesa del corpo dagli agenti patogeni.
Valentina Corti

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4194

martedì 24 giugno 2008

Web: verso la liberalizzazione dei domini



Web, verso la liberalizzazione dei domini
Autore: scienzetv
Data di creazione 24/06/2008 - 13:03
WASHINGTON, Usa -- Il volto di Internet potrebbe cambiare per sempre. Giovedì infatti i membri dell'Icann, la società americana che assegna nomi e numeri identificativi sulla rete, potrebbe allentare le rigide norme che regolano i domini. E così al posto dei tradizonali ".it" o ".com" potranno esserci parole a scelta e in lingue diverse.
Siamo ormai abituati ai siti terminanti con ".it" o ".uk" (legati ai nomi dei Paesi), .com" (annessi al commercio), ".gov" (connessi alle organizzazioni istituzionali) e ancora ".org" o ".net" (legati alle organizzazioni). Ma queste sigle potrebbero essere sostituite poco a poco da altri nomi, scelti personalmente dai proprietari dei portali.Ad esempio un sito potrà terminare con ".ilgrandeamore" o con ".sempreverde". e chi più ne ha più ne metta. Questo profondo cambiamento potrebbe concretizzarsi se l'Icann voterà per la liberalizzazione dei domini. L'apertura dell'istituto americano ha sorpreso tutti, vista la rigidità con cui finora è stata trattata l'estensione dei siti."L'impatto sarà diverso da paese a paese, ma consentirà a comunità e soggetti commerciali di esprimere le proprie identità online", ha spiegato l'amministratore delegato della compagnia Paul Twomwey.La liberalizzazione non riguarderà solo le parole, ma anche le lingue e i caratteri. Questo trasformerà la Rete in un mondo virtuale poliglotta e personalizzabile. Il progetto è in fase di elaborazione da parte dell'Icann da tre anni.
Valentina Corti
Photocourtesy of www.claudiocugusi.it

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4181

lunedì 23 giugno 2008

USA. Nuova corsa all'oro


Usa, la nuova corsa all'oro
Autore: scienzetv
Data di creazione 23/06/2008 - 16:28

WASHINGTON, Usa -- Ogni giorno, negli Stati Uniti, centinaia di nuovi cercatori d’oro battono i fiumi della California alla ricerca della fortuna. E’ la nuova corsa all’oro. Negli ultimi due anni l’oro è passato da 650 dollari l’oncia (un’oncia corrisponde a 28,35 grammi) a 900 dollari e questo fatto ha trasformato quello che per molti era un hobby in una nuova semi-professione.
Negli Usa centinaia di nuovi cacciatori di pepite si aggiungono quasi quotidianamente alle associazioni che insegnano come cercare il metallo prezioso. Da settembre ad aprile ad esempio, la Nugget Wranglers Association incontra i nuovi adepti per trasferire loro le tecniche di setaccio delle sabbie dei fiumi. Poi nei mesi estivi si esce all’aperto, mettendo in pratica ciò che si è imparato sui testi. Spiega Ken Rucker, Direttore della Gold Prospectors Association of America a Temecula (Usa): “L’anno scorso avevamo da 50 a 100 adesioni alla settimana, quest’anno siamo passato da 50 a 100 adesioni al giorno. E’ la nuova corsa all’oro che ci riporta indietro nel tempo, al 1849”. Allora circa 90mila persone raggiunsero la California nell’arco di tre anni con l’obiettivo di trovare la fortuna nella polvere gialla. John Muntean del Nevada Bureau of Mines and Geology di Reno (Usa) cerca di dare una spiegazione al fenomeno di oggi: “Nella nostra regione sono state trovate numerose miniere d’oro - spiega Muntean -, ma attorno al 2000 molte sono state abbandonate, questo perché tra il 1990 e la fine del secolo il prezzo del metallo prezioso è sceso fortemente". "Ora - continua l'esperto -, grazie alla nuova ripresa del valore dell’oro, le cose potrebbero cambiare anche dal punto di vista industriale. Ma per chi cerca oro privatamente quelle miniere sono un indizio che del “metallo giallo” ce n’è in abbondanza”. Certo è che assai difficile trovare oro in grandi quantità in superficie, perché le miniere più superficiali e quindi più semplici da localizzare, sono state tutte sfruttate e i depositi d’oro recentemente scoperti si trovano in profondità: ma per il cercatore d’oro privato quanto si trova nei fiumi può ancora fare la loro “fortuna”.La ricerca d’oro è molto attiva anche in Italia e ogni anno guadagna nuovi interessati, soprattutto in Piemonte e Valle d’Aosta, dove i principali fiumi danno modo ai cercatori di portarsi a casa un bottino di qualche grammo ogni giorno trascorso con i piedi a mollo.“E poi – aggiunge Muntean - la ricerca dell’oro potrebbe anche non fare la fortuna di una persona, ma certamente potrebbe essere un modo per mantenersi in forma vista l’attività fisica che essa richiede”.
Luigi Bignami
Photocourtesy of www.gold-nuggets.org

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4166

A Dubai il primo grattacielo girevole



A Dubai il primo grattacielo girevole
Autore: scienzetv
Data di creazione 23/06/2008 - 10:34




DUBAI, Emirati Arabi Uniti -- Innovazione e fantasia non hanno limiti in architettura. La Rotating Tower ne è l'esempio. Progettata dall'architetto fiorentino David Fisher, è una torre girevole, alta 313 metri, che cambia continuamente forma. Sorgerà a Dubai, la capitale mondiale dell'architettura avveniristica, e sarà completamente autonoma dal punto di vista energetico.
Guarda la photogallery della Rotating Tower [0] Dubai è conosciuta in tutto il mondo come la città con gli edifici più moderni in assoluto. Basti pensare al Burj al-Arab, considerata l'icona della città: è uno degli alberghi più lussuosi del mondo, con 7 stelle. Ma quanto ad originalità la nuova torre di Fisher non ha nulla da invidiargli.Sarà la prima architettura internamente girevole al mondo: ha 68 piani in tutto, l'ultimo dei quali tocca i 313 metri d'altezza. Il budget per la sua costruzione è di circa 300 milioni di dollari. La torre, ideata dall'italiano Fisher, cambierà continuamente forma e produrrà elettricità in quantità superiore al proprio fabbisogno, grazie all'energia eolica e solare.I piani rotanti consentiranno agli abitanti dell'edificio di godere di un panorama diverso ogni volta che lo desiderano. Ogni piano è indipendente dall'altro perché ruota in modo autonomo. "Gli spostamenti avranno una velocità molto lenta - spiega Fisher -, così da non risultare fastidiosi per gli inquilini, che non percepiranno il movimento".La Rotating Tower segna l'inizio di una nuova era in architettura: quella del dinamismo. Senza dimenticare l'ambiente: le turbine montate orizzontalmente tra un piano e l'altro produrranno energia eolica, mentre i pannelli solari installati sui tetti degli appartamenti produrranno energia elettrica. L'energia prodotta sarà maggiore a quella necessaria per alimentare l'intero edificio, che così potrà venderla anche all'esterno. Secondo le prime stime la torre dovrebbe fornire circa 190 milioni di kilowatt di energia ogni anno, per un valore di oltre 7 milioni di euro.Le tecnologie più avanzate si conciliano perfettamente con un lusso a dir poco sfrenato. All'interno dell'edifico infatti ci sarà un albergo a 6 stelle, oltreché appartamenti e uffici. Il culmine della bellezza si trova agli ultimi piani, con cinque ville da 1500 metri quadrati (ognuna dotata di un parcheggio auto personale situato al proprio piano, con tanto di ascensore), una piscina e un giardino.Sulla torre si potrà atterrare anche in elicottero. Sì perché al 64esimo piano si trova un eliporto che si materializzerà "dal nulla" per consentire l'atterraggio dei velivoli. L'architettura, che sarà presentata da David Fisher in una conferenza all'Hotel Plaza di New York il 24 giugno prossimo, è un esempio di grattacielo industriale: essa sarà costituita al 90 per cento da moduli realizzati in fabbrica.Questo aspetto consentirà di impiegare soltanto 90 lavoratori, tra tecnici e operai, e nello stesso tempo, cosa ancora più importante, permetterà di ridurre drasticamente il rischio di incidenti e infortuni in cantiere.
Valentina Corti
Photocourtesy of www.archiportale.com

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4155

sabato 21 giugno 2008

Melanoma curato con cellule del paziente



Melanoma curato con cellule del paziente
Autore: scienzetv
Data di creazione 20/06/2008 - 13:13



SEATTLE, Usa -- Alcuni scienziati americani sono riusciti a curare un paziente affetto da melanoma utilizzando per la prima volta cellule prelevate dal malato stesso e moltiplicandole in laboratorio. A realizzare l'esperimento un team di ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, negli Stati Uniti.
Il melanoma che aveva colpito il paziente, un uomo di 52 anni, aveva attaccato anche linfonodi e polmoni. Gli scienziati statunitensi hanno prelevato dal corpo del malato le cellule immunitarie in grado di combattere il cancro, un particolare tipo di globuli bianchi e ne hanno realizzato cinque miliardi di copie in laboratorio.In seguito, i ricercatori hanno iniettato nuovamente le cellule nel paziente. Risultato? Le cellule "copia" hanno dimostrato di essere in grado di attaccare e distruggere quelle cancerose. Dopo 2 mesi, spiega la rivista New England Journal of Medicine, il melanoma era scomparso e dopo 2 anni il paziente poteva considerarsi guarito.
Greta Consoli
Fonte:http://www.scienze.tv/node/4151

Tre poliziotti inseguono un UFO



Cardiff, tre poliziotti inseguono un Ufo
Autore: scienzetv
Data di creazione 21/06/2008 - 11:29


CARDIFF, Inghilterra -- "Abbiamo visto un ufo, siamo sicuri". Non hanno dubbi i tre poliziotti che si sono lanciati con un elicottero all'inseguimento di un misterioso oggetto volante giunto nei cieli di Cardiff, in Galles. Dopo una lunga caccia aliena i tre agenti sono stati costretti a fermarsi per la mancanza di carburante nel loro mezzo.
Un'adrenalinica corsa agli Ufo quella dei tre poliziotti inglesi, convinti di essersi trovati di fronte una navicella di alieni. Secondo quanto hanno raccontato il misterioso oggetto volante aveva una forma circolare e luci lampeggianti intorno. Insomma, proprio come ce lo siamo sempre immaginati.Il mezzo extraterrestre è stato avvistato vicino ad una base militare non lontano da Cardiff. Stando a quanto riferito dai tre agenti l'oggetto è andato addosso all'elicottero costringendo il pilota ad una rapida manovra per evitare lo scontro.I tre inseguitori sono stati poi costretti a interrompere la caccia perché l'elicottero non aveva più carburante. Ma anche se non sono riusciti a raggiungere il mezzo non hanno dubbi: quello era un Ufo, dice una fonte citata dal Sun riportando le dichiarazioni dei tre agenti."Si tratta di professionisti con una certa esperienza - continua la fonte riportata dal tabloid inglese - e sanno che la gente potrebbe finire col prenderli in giro, ma sono convinti che si trattava di un Ufo". Hanno cercato in tutti i modi di non perdere di vista il misterioso oggetto volante: hanno attraversato il canale di Bristol, ma era troppo veloce. Così, una volta arrivati alla costa nord del Devon, sono dovuti tornare indietro perché stavano finendo il carburante.In pochi giorni a Cardiff si sono verificati ben due avvistamenti sospetti. Quello dei tre poliziotti è soltanto l'ultimo. Il 13 giugno scorso un'altra notizia su un oggetto misterioso, visto volare dall'equipaggio del Discovery, aveva allertato gli esperti. Peccato che si trattasse solo di un pezzo dello shuttle staccatosi dal rivestimento tecnico dell'aerofreno.
Valentina Corti
Photocourtesy of www.trascendente.it

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4154

venerdì 20 giugno 2008

Su Marte c'è acqua


Autore: scienzetv
Data di creazione 20/06/2008 - 13:16

WASHINGTON, Usa -- Su Marte c'è acqua. Adesso gli scienziati sono sicuri. La prova è stata fornita dalla sonda Phoenix della Nasa. Secondo l'agenzia americana infatti, alcuni trucioli di un materiale che riflette la luce sono scomparsi dalle foto in quattro giorni, fenomeno che indicherebbe l'evaporazione di ghiaccio d'acqua.
Dopo anni di attesa e osservazioni, finalmente è arrivata la prova concreta. E gli esperti della Nasa non hanno dubbi che si tratti di ghiaccio. "Deve essere ghiaccio per forza - afferma Peter Smith dell'università dell'Arizona - c'era qualche dubbio che potesse essere sale, ma nessun sale può comportarsi in questo modo".Il materiale fotografato da Phoenix si trova sul fondo di Dodo, un piccolo cratere della superficie marziana. Il gioiellino della Nasa ha trovato i trucioli nei giorni scorsi grattando il terreno del pianeta rosso con la sua tecnologica pala meccanica.Ora la sonda è impegnata nell'analisi dei campioni prelevati per determinarne la composizione. Solo a quel punto, forse, il mistero dell'acqua su Marte potrà essere svelato.

Valentina Corti

Photocourtesy of www.nasa.gov

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4152

Risolto il mistero del cerchio nel grano


Gb, risolto il mistero del cerchio nel grano
Autore: scienzetv
Data di creazione 19/06/2008 - 12:04

BARBURY CASTLE, Inghilterra -- I cerchi nel grano sono uno dei grandi misteri dell'umanità. Se siano opera degli alieni è ancora incerto, ma il loro fascino è indiscusso. Soprattutto se riescono ad essere decifrati. E' il caso del crop circle ritrovato all'inizio di giugno in un campo di orzo a Barbury Castle: secondo l'astrofisico Mike Reed rappresenta il "pi greco".
Il simbolo matematico definisce il rapporto tra la circonferenza e il diametro di un cerchio: 3,14. Sarebbe proprio questo, secondo Reed, il messaggio che si nasconde dietro la linea a spirale convergente verso il centro, interrotta da alcune scanalature, scoperta nella località inglese di Barbury Castle, in una coltivazione di orzo.Il disegno supera i 40 metri di larghezza. E' bastato completarlo per svelarne il significato, che per l'esattezza è il numero 3,141592654, vale a dire le prime nove cifre del "pi greco", seguite da un quattro invece che un tre. Secondo l'astrofisico il piccolissimo cerchio situato a destra del centro della formazione rappresenta la virgola del simbolo matematico.Il cerchio nel grano si trova su una collina dello Wiltshire, una regione piena di questi disegni. E oltretutto si trova vicino a Stonehenge, dove , nel 1991, comparve in un altro campo di grano il disegno del frattale di Mandelbrot, nel 1996 il "Julia Set" e nel 1997 i cerchi di Koch. Tutte queste figure sono molto note a matematici e fisici.Nonostante le ammirabili intuizioni e gli studi degli esperti, molti aspetti dei crop circles restano inspiegabili. Fra questi il fatto che il grano o l'orzo non sono tagliati, ma piegati a spirale. Inoltre l'aria sul campo è spesso ionizzata e a terra si trovano microsfere di ferro. Ma una delle cose più strane è che attorno ai disegni non c'è traccia di impronte. Sembra che nessuno si sia avvicinato per realizzarli. Senza dimenticare il fatto che si tratta di opere molto complicate, difficili da realizzare al buio e in una sola notte.
Valentina Corti

Photocourtesy of www.lucypringle.co.uk

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4126

giovedì 19 giugno 2008

Scoperte tre super-terre



Vicino ad un sole della costellazione del pittore. Lontane 42 anni luce
Scoperte tre super-terre


La più piccola è quattro volte il nostro pianeta, la più grande nove volte
Le hanno chiamate super-Terre e sono tre pianeti extrasolari per la prima volta scoperti tutti insieme attorno ad una altra stella, nel caso specifico l’HD 40307 nella costellazione del Pittore e distante dalla Terra 42 anni luce.
L’autore della scoperta è un personaggio notissimo, Michel Mayor dell’Osservatorio di Ginevra , a cui si deve il ritrovamento nel 1995 del primo pianeta extrasolare attorno a Pegasi 51. Per dire come questa ricerca sia cambiata e si sia potenziata, Mayor ha presentato ad una conferenza in corso a Nantes addirittura la scoperta di 42 pianeti extrasolari individuati negli ultimi mesi. Ma la più sensazionale è senz’altro la tripletta del Pittore.

La ragione è che questi pianeti la cui natura dovrebbe essere rocciosa, hanno una taglia di poco superiore alla Terra avendo una massa, uno 4,2 volte superiore e gli altri due 6,7 e 9,4 volte maggiore. Sono inoltre molto vicini alla stella madre, pressappoco nell’area in cui gira il nostro Mercurio vicino al Sole, e dunque il loro anno dura rispettivamente quattro giorni, 10 e 20 giorni. La scoperta è stata possibile utilizzando uno speciale spettrografo noto come Harps (High Accuracy Radaial Velocity Planet Search) installato su un telescopio dell’European Southern Observatory a La Silla in Cile.
La tecnica di rilevamento è sempre quella legata alle anomalie di comportamento dell’astro che rivelano a seconda della loro entità la presenza e le caratteristiche dei corpi circostanti. «Perfezionando le osservazioni ormai possiamo arrivare a cogliere l’esistenza di pianeti con masse di appena due volte quelle del nostro pianeta» commenta Mayor. Finora gli astronomi sono riusciti a scoprire l’esistenza di quasi trecento corpi planetari intorno ad altri astri della nostra galassia Via Lattea. Per la maggior parte, però, sono di grande taglia, analoghi al nostro Giove e questo dipende dagli strumenti di rilevazione. Ma i risultati di 13 anni di ricerche hanno portato Mayor ad una conclusione importante: «Possiamo dedurre , infatti, che circa un terzo di tutte le stelle simili al nostro Sole abbiano intorno pianeti di taglia contenuta». La sfida in corso è quella di realizzare osservatori in grado di fotografarli e nel giro di qualche anno gli astronomi giurano di riuscirci.
Giovanni Caprara17 giugno 2008

Corriere della sera.it

martedì 17 giugno 2008

Cent'anni fa accadde a Tunguska



Cent'anni fa accadde a Tunguska
Autore: scienzetv
Data di creazione 17/06/2008 - 13:00

TUNGUSKA, Russia -- Cento anni fa, nei pressi del fiume Tunguska, qualcosa di unico arrivò da sopra l’atmosfera per causare una catastrofe. L’oggetto distrusse milioni di alberi. Ma allora perché non ci fu nessun cratere? L'ipotesi più accreditata è la deflagrazione del corpo celeste nel cielo e la trasformazione dell'energia cinetica in energia termica. Questo spiegherebbe gli alberi bruciati, ma la vicenda resta irrisolta.
Il 30 giugno 1908 un oggetto extraterrestre era in rotta di collisione con la Terra. Quindi alle 7 e 14, in prossimità del fiume siberiano Podkamennaja Tunguska, un oggetto celeste si schiantò a terra, distruggendo tra i 50 e i 60 milioni di alberi su un’area di circa 220 chilometri quadrati. Ma il fenomeno lasciò dietro sé un mistero: l’arrivo di quell’oggetto, infatti, non produsse alcun cratere apparente come ci si sarebbe aspettati. E ciò nonostante il fatto che il boato prodotto dall’esplosione venne percepito a circa 1000 chilometri di distanza. A 500 chilometri alcuni testimoni sostennero di avere visto sollevarsi una nube di fumo simile a quella che produce una bomba atomica. Si racconta che l'onda d'urto fece quasi deragliare un treno della Transiberiana a 600 chilometri dal punto di impatto. Da questi dati si è calcolato che la potenza di quell’esplosione sia stata compresa tra 10 e 15 megatoni. Purtroppo a causa della situazione politica di qual periodo nella ex Unione Sovietica e in seguito alle difficoltà per raggiungere il luogo, l’area dell’impatto venne raggiunto dalle prime spedizioni scientifiche solo dopo una ventina d’anni. La prima missione scientifica la si deve al geologo russo Leonid Kulik, il quale tra il 1927 e il 1939 organizzò 4 spedizioni. Kulik si aspettava di trovare un cratere e, anche se non lo trovò, sostenne comunque di averne individuato uno. Ciò per evitare di mettere a rischio la sua reputazione di scienziato. Ma un masso, che secondo Kulik, era ciò che rimaneva di un asteroide caduto dal cielo, in realtà era semplicemente un masso trasportato fin lì dai ghiacciai. Da allora comunque, e sempre più negli ultimi anni seguenti, si sono succedute numerose spedizioni anche internazionali. L’Università di Bologna poi, a partire dal 1991 ha intrapreso una serie di ricerche nell’area, ricerche che sono ancora in corso. Alcuni mesi or sono il gruppo di lavoro di ricercatori italiani dell'Ismar-Cnr e delle Università di Bologna e Trieste - Luca Gasperini, Francesca Alvisi, Gianni Biasini, Enrico Bonatti, Giuseppe Longo, Michele Pipan e Romano Serra ha pubblicato sulla rivista scientifica Terra Nova, il risultato delle ultime ricerche che indicherebbero in un piccolo lago, chiamato Cheko, un piccolo specchio d'acqua di circa 500 metri di diametro il cratere causato dall'impatto di un 'frammento' di circa cinque metri, sopravvissuto all'esplosione principale, che si è schiantato a 'bassa velocità', ovvero a circa un chilometro al secondo. Questa scoperta, se confermata, contribuirà, cento anni dopo a svelare il mistero di Tunguska, dando forti contributi, e nuove paure, sulla comprensione degli effetti dell'impatto di un asteroide o una cometa con la Terra. Ipotesi tutt'altro che remota e non infrequente nella storia del nostro pianeta. L'ipotesi più accreditata da parte degli scienziati vuole che come causa del fenomeno dell'esplosione fosse stato l’arrivo di una cometa di circa 30 metri di diametro che giunse in prossimità della Terra ad una velocità di almeno 15 chilometri al secondo. La deflagrazione del corpo celeste sarebbe avvenuta ad una altezza di 8 chilometri. Ciò a causa della resistenza prodotta dall'atmosfera che può aver frantumato la cometa, la cui energia cinetica venne convertita in energia termica. Questo spiega perché vennero bruciati gli alberi, ma non si trovò alcun cratere. La conseguente vaporizzazione dell'oggetto roccioso, inoltre, ha causato un'immane onda d’urto che ha colpito il suolo. Grazie ad una simulazione realizzata al computer, ricercatori della Nasa e dell'Università del Wisconsin, Christopher Chyba e Kevin Zahnle con Paul Thomas, escludono che l’oggetto fosse di natura ferrosa o carbonacea, ossia che si sia trattato di un asteroide. Nel primo caso, il corpo celeste avrebbe raggiunto il suolo senza frantumarsi, nel secondo caso, la deflagrazione sarebbe avvenuta troppo in alto nell'atmosfera per devastare una zona cosi ampia di taiga.

Luigi Bignami

Photocourtesy of www.apod.nasa.gov

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4109

lunedì 16 giugno 2008

L'uomo è davvero arrivato sulla Luna



L'uomo è davvero arrivato sulla Luna
Autore: scienzetv
Data di creazione 16/06/2008 - 12:34
TOKYO, Giappone -- Tanto si è detto sul fatto che la Nasa non sia mai arrivata sulla Luna con degli astronauti, ma che i voli Apollo siano tutta una montatura e un complotto degli Stati Uniti. Invece, ecco la prima prova non americana dell'atterraggio dell'Apollo 15 nel 1969. Immagini riprese dalla sonda giapponese Selene mostrano che il modulo lunare della Nasa ha alterato il paesaggio in fase di discesa.
Guarda le foto della sonda giapponese [0] [0]Ora esiste una prova del tutto oggettiva che proviene da una fonte esterna alla Nasa, la Jaxa (Japan Aerospace Exploration Agency), l’Agenzia Spaziale Giapponese, la quale, attraverso le immagini scattate dalla propria sonda in orbita attorno alla Luna, chiamata Selene, ha rilevato quella che può essere definita l’impronta dei motori del modulo lunare di Apollo 15 in fase di atterraggio.Nelle fotografie è possibile osservare l’alone creato sul paesaggio lunare dai gas di scarico del Lem durante la fase di discesa, dove la superficie della Luna risulta molto più chiara rispetto alle aree circostanti. Una ricostruzione in tre dimensioni realizzata dall’agenzia spaziale giapponese dell’area, inoltre, corrisponde esattamente alle immagini riprese dagli astronauti sulla superficie del satellite. L’Apollo 15 fu la sesta missione umana della Nasa alla Luna e la quarta ad aver portato degli uomini sulla superficie lunare. Lanciata il 26 luglio 1971 atterrò sulla Luna il 31 luglio. Essa fu la prima missione considerata interamente scientifica e gli astronauti ebbero a disposizione per la prima volta un’auto con la quale compirono diversi chilometri di esplorazione attorno al modulo lunare. Gli astronauti atterrarono ai piedi degli Appennini Lunari, in prossimità del Mare Imbrium.In realtà sono così tante le prove che davvero 12 uomini hanno calpestato la Luna che una “prova” esterna non sarebbe stata necessaria, ma per coloro che più di altri credono ai complotti internazionali, che vogliono far credere al mondo intero fatti mai accaduti, le immagini riprese da Selene sono ora la verifica inconfutabile che “almeno” un modulo lunare è davvero sceso dove la Nasa disse che sarebbe atterrato il Lem di Apollo 15. La sonda Selene, acronimo di Selenological and Engineering Explorer, che poi è stata ribattezzata Kaguya, è stata lanciata dai giapponesi il 14 settembre del 2007. Essa ha come scopo lo studio della geologia della Luna e la sperimentazione di nuove tecnologie di navigazione spaziale. Essa sta raggiungendo tutti gli obiettivi preposti, tra i quali la ripresa di immagini ad alta risoluzione del paesaggio lunare.

Luigi Bignami
Photocourtesy of www.nasa.gov

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4098

Leucemia, la cura senza la chemio


Leucemia, la cura senza la chemio
Autore: scienzetv
Data di creazione 16/06/2008 - 12:19

ROMA -- Importanti progressi nel campo delle cure contro la leucemia. Un gruppo di esperti dell'università La Sapienza di Roma ha compiuto un primo passo verso la cura della malattia senza l'utilizzo della chemioterapia. La terapia, che si basa sulla somministrazione del dasatinib e del cortisone, avrebbe ridotto la patologia nel cento per cento dei pazienti.
Per curare la leucemia viene usata in particolar modo la chemioterapia, basata sull'uso di composti chimici per distruggere selettivamente organismi patogeni e parassiti.Dall'università La Sapienza arriva un primo, significativo, passo in avanti verso la cura della grave malattia senza l'utilizzo della chemioterapia. La nuova terapia è costituita da un solo medicinale, il dasatinib, e il cortisone.Nel cento per cento dei pazienti a cui è stata somministrata la cura, gli esperti hanno osservato una remissione del male.

Valentina Corti

Photocourtesy of www.biotecnologia.it


Fonte:http://www.scienze.tv/node/4097

domenica 15 giugno 2008

Un percursore radioattivo di una supernova



Astrofisica
Su "Science"
Un precursore radiativo di una supernova
Le osservazioni della supernova SNLS-04D2dc con il telescopio spaziale GALEX forniscono un nuovo metodo per testare la fisica delle supernove

Supernova
Le stelle massicce vanno incontro a una morte violenta quando esauriscono il loro combustibile nucleare e danno vita a una supernova “a collasso del nucleo”. Tali eventi vengono usualmente rivelati almeno un paio di giorni dopo l’esplosione. Le osservazioni della supernova SNLS-04D2dc con il telescopio spaziale GALEX, nell’ambito di un’ampia collaborazione internazionale tra l’Università di Oxford, nel Regno Unito, il Max-Planck-Institut per l’astronomia di Heidelberg, in Germania, il CNRS francese e l’Università di Seul, in Corea del Sud, hanno rivelato ora un precursore radiativo dello shock di supernova prima che esso raggiunga la superficie della stella, mostrandone l’iniziale espansione all’inizio dell’esplosione.
I modelli teorici della luce ultravioletta conferma che la sua stella progenitrice era una supergigante rossa, come ci si aspetta da questo tipo di supernova.Sebbene siano stati fatti molti sforzi per cercare di spiegare in che modo il collasso terminale del nucleo di una stella dia luogo a una supernova, ancora non si comprende in modo soddisfacente il processo in base al quale il collasso del nucleo generi un’onda d’urto che si muove verso l’esterno che produce a sua volta la proiezione dell’involucro stellare verso lo spazio, riscaldando il materiale che lo compone mentre lo mentre lo attraversa.Sebbene le supernove a collasso del nucleo siano ritenute le più luminose immediatamente dopo l’inizio dell’onda d’urto, la maggior parte della sua energia emerge come in forma di UV estremi e radiazione X molle. Per questo motivo questo tipo di supernove viene scoperte solo alcuni giorni dopo l’esplosione, in prossimità del piccolo della curva di emissione di luce nello spettro ottico.Nel momento in cui l’onda d’urto si dissipa sulla superficie della stella, una quantità di materiale precedentemente presente sull’involucro stellare corrispondente a molte masse solari, si espandono a velocità di pochi punti percentuali della velocità della luce.
Al momento del collasso del nucleo, un osservatore vicino equipaggiato con un rivelatore di neutrini e di onde gravitazionali potrebbe ricevere un beve avvertimento della futura esplosione, ma per la maggior parte del passaggio dell’onda d’urto attraverso la stella, l’osservatore non noterebbe alcun ulteriore cambiamento.Solo quando l’onda si avvicina alla superficie la radiazione si diffonde sufficientemente oltre l’onda d’urto per innalzare la temperatura della fotosfera stellare.Questa fase è talvolta indicata come shock breakout, mentre la radiazione associata viene indicata cole “precursore radiativo” dell’onda, ben prima che l’onda d’urto effettivamente raggiunga la superficie.Questo precursore radiativo porta la temperatura della stella fino a decine di migliaia di kelvin, prima che la superficie si espanda drasticamente.
Le osservazioni della supernova SNLS-04D2dc con il telescopio spaziale GALEX di questo nuovo studio, il cui resoconto è ora pubblicato sulla rivista “Science”, forniscono un nuovo metodo per testare la fisica delle supernove da collasso del nucleo e delle strutture interne delle stelle progenitrici. (fc)

sabato 14 giugno 2008

E la Nasa svela la tuta lunare



E la Nasa svela la tuta lunare
Autore: scienzetv
Data di creazione 13/06/2008 - 11:03



WASHINGTON, Usa -- La Nasa ha finalmente svelato la tuta che gli astronauti useranno per la missione sulla Luna nel 2018. Un'altra tuta verrà sfruttata per i viaggi spaziali. Entrambe saranno sviluppate in collaborazione con Oceaneering International. Gli indumenti hi-tech dovranno supportare varie operazioni, fra cui atterraggi, lanci e camminate spaziali.
Il progetto rientra nel Constellation programm dell'agenzia spaziale americana. Il suo scopo è quello di creare una nuova generazione di navicelle per i voli umani nello spazio. Fra i principali veicoli del programma c'è anche Orione, la navicella che accompagnerà alcuni astronauti sulla Luna tra dieci anni.Nel 2018 infatti Orione raggiungerà il nostro satellite naturale. Per questo la Nasa, in collaborazione con Oceaneering International di Houston, progetterà appositamente due tute spaziali: una verrà usata per il viaggio e l'altra per le passeggiate spaziali.La prima fase del lavoro comincia questo mese e proseguirà fino al settembre del 2014. In questo periodo di tempo i tecnici dell'Oceaneering e quelli della Nasa si impegneranno nel design, nello sviluppo e svolgeranno test. Tutto si concluderà con l'assemblamento dei vari materiali e con la fabbricazione. "Sono contento della nuova collaborazione tra la Nasa e Oceaneering", ha detto Glenn Lutz, project manager della tuta spaziale al Johnson Space Center di Houston della Nasa.La tuta lunare dovrà anche supportare missioni più lunghe della durata di sei mesi e un numero significativo di passeggiate lunari.
Valentina Corti

Photocourtesy of www.nasa.gov

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4078

Spazio: la Nasa punta al sole



Spazio: la Nasa punta al sole

Una sonda arrivera' a 7 milioni di km dalla nostra stella

(ANSA) - WASHINGTON, 11 GIU - La Nasa ha deciso di andare sul sole, o quasi: una sonda arriverà infatti a 7 milioni di chilometri dalla superficie solare. E' l'ultima frontiera della ricerca spaziale messa a punto dalla Nasa, che sta lavorando a 'Solar Probe+', una sonda capace di resistere alle altissime temperature a cui andrà incontro quando si tufferà nell'atmosfera solare. La missione dovrebbe aver inizio non prima del 2015 e concludersi sette anni più tardi.

venerdì 13 giugno 2008

La piramide di Djedefra



La piramide di Djedefra: la più alta e preziosa
Autore: scienzetv
Data di creazione 03/06/2008 - 11:27



IL CAIRO, Egitto -- Sono emersi nuovi e affascinanti particolari sulla piramide del faraone Djedefra. Secondo un gruppo di archeologi internazionali, il monumento egizio, situato ad Abu Rawash, vicino a Giza, non è incompiuto. Tutt'altro: la piramide era stata completata, ma soprattutto è la più alta di tutto il complesso, formato dalla piramide di Cheope, Chefren e Micerino.
Dopo anni di leggende e supposizioni, ecco che vengono alla luce dettagli molto interessanti su quella che per molto tempo è stata considerata una piramide incompiuta: la piramide del faraone Djedefra, successore di Cheope durante la quarta dinastia. Alcuni archeologi ritengono che non solo il monumento sia stato completato, ma anche che sia più ricco e più alto delle piramidi della valle di Giza (nella foto).Le tre celebri costruzioni egizie, dedicate a Cheope, Chefren e Micerino, sarebbero state realizzate con materiali meno pregiati rispetto a quelli usati per innalzare la piramide del faraone Djedefra, che si trova ad Abu Rawash (oggi sito militare con accesso ristretto), a una decina di chilometri a nord-ovest di Giza. Il prezioso monumento venne poi smantellato in epoca romana e la pietra, come ha spiegato Zahi Hawass, segretario generale del consiglio supremo delle antichità egizio, fu riutilizzata per costruire altre opere al Cairo.La piramide di Djedefra ha una collocazione molto particolare: a differenza delle altre tre infatti, non è stata realizzata nella piana di Giza, ma in un luogo più elevato e appartato. Per molto tempo gli esperti hanno pensato che l'ubicazione fosse dovuta al fatto che il faraone era caduto in disgrazia. Ma gli archeologi, da anni al lavoro nel sito di Abu Rawash, sono giunti ad una conclusione completamente diversa.Il faraone si sarebbe distanziato dalla famiglia per sottolineare la propria indipendenza e innalzato per avvicinarsi al dio Sole. Secondo gli studiosi l'opera era anche la più alta: superava di 7,62 metri la piramide di Cheope, alta 146 metri. I costruttori usarono granito rosso di Assuan, lo stesso materiale usato per la piramide del padre Chope. Per edificare la piramide ci vollero 8 anni e oltre 15mila persone furono impegnate nella maestosa costruzione. Pensate che ogni mattone pesava 25 tonnelate e per sollevarlo ci volevano 370 persone. L'opera è ricoperta da granito lucidato e da una lega di oro, argento e rame che al Sole luccicava, simboleggiando il potere. Il monumento funerario sarà visitabile solo all'esterno a partire dal 2009.
Valentina Corti
Photoocurtesy of imagecache2.allposters.com

Fonte:http://www.scienze.tv/node/3986


Sistema solare: nascono i plutoidi
Autore: scienzetv
Data di creazione 13/06/2008 - 11:37

WASHINGTON, Usa -- L'Unione astronomica internazionale (Iau) ha deciso di battezzare con il termine "plutoidi" tutti gli oggetti presenti oltre l'orbita di Nettuno. Ora Plutone (nella foto), che dal 2006 è stato declassato dallo status di pianeta tradizionale al ruolo di "pianeta nano", potrà godere di questo nuovo titolo.
Plutone, detronizzato dal rango di pianeta, potrà prendersi una piccola rivincita. Il comitato esecutivo della Iau, riunito a Oslo, in Norvegia, ha deciso di creare la nuova categoria dei plutoidi.
Il termine sta ad indicare corpi celesti in orbita attorno al Sole, con una forma sferica, e che non devono avere altri piccoli corpi nella loro orbita.Stando a quanto stabilito dall'organizzazione, i plutoidi devono avere massa sufficiente a creare una forza di gravità propria, non trascurabile, e devono trovarsi in un’orbita trans-nettuniana.I due plutoidi conosciuti e che hanno ricevuto un nome sono Plutone ed Eris. Gli astronomi, comunque, si aspettano di includerne altri nella lista.
Fonte:http://www.scienze.tv/node/4081

giovedì 12 giugno 2008

Catambra: la pianta che tiene lontane le zanzare



La pianta che tiene lontane le zanzare
Autore: scienzetv
Data di creazione 10/06/2008 - 09:41


BUCCINASCO, Milano -- Ogni estate milioni di persone vengono punte dalle zanzare. Ma forse un rimedio c'è: si chiama Catambra. E'un pianta che ha la capacità di tenere lontani i fastidiosi insetti. Tutto in modo naturale. A sperimentare i pregi di questo albero sarà Buccinasco, un paese a sud di Milano, dove sarà realizzata un'area delimitata da questa nuova specie.
La Catambra è una pianta originaria dell'America Boreale. E ora le sue proprietà repellenti saranno provate nel paese di 30mila abitanti situato in provincia di Milano, dove c'è già tanto verde e diversi canali d'acqua.Oltre a riparare dal Sole, il prodigioso albero tiene lontane le zanzare. E lo fa grazie al catalpolo, una sostanza capace di allontanare gli insetti, compresa la zanzara tigre. La Catambra conterrebbe una quantità di questa sostanza quattro volte superiore a quella presente in ogni altro esemplare della specie."Parchi, giochi e natura - spiega il sindaco di Buccinasco Loris Cereda - sono alcune delle priorità dell'amministrazione comunale che, proprio alle aree verdi del territorio, ha dedicato un'attenzione particolare". "Quindi - prosegue il sindaco -, dopo il progetto dei nuovi boschi, recentemente approvati dalla Regione Lombardia, stiamo già studiando la realizzazione di nuovi spazi verdi per cosi' dire innovativi dove i bambini possano giocare e i più grandi godere del fresco dell'ombra dei nostri alberi senza essere tormentati da zanzare e moscerini".

Valentina Corti

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4040

mercoledì 11 giugno 2008

La cometa 17P Holmes Svelata









02/11/2007
La cometa 17P Holmes Svelata
Argomento: News osservatorio
Autore: flavio
La cometa 17P Holmes Svelata

La cometa di Holmes non cessa di stupire. Superato abbondantemente il diametro di 1 milione di chilometri la chioma di polveri continua ad espandersi, mentre nelle zone centrali, oltre alla brillante condensazione centrale, si notrano getti e raggiere. Davanti alla condensazione, vi è una zona piu scura che potrebbe essere l’ombra delle zone centrali sulla chioma; qualcosa di simile a quanto osservato 10 anni fa con la Hale Bopp. Tra zona centrale e la parte esterna della chioma di polvere si nota un anello. Attorno a questa chioma giallastra, e separata da un anello scuro, se ne trova un’altra di colore verde, molto tenue, che degrada nel fondocielo.

Gli intermetallici per un'energia "verde"


Gli intermetallici per un'energia "verde"
Autore: scienzetv
Data di creazione 04/06/2008 - 09:48

ROMA -- Componenti leggeri e resistenti per inquinare di meno. E' questo l'obiettivo del progetto Impress, nato dalla collaborazione tra enti di ricerca, tra cui l’Istituto per l’energetica e le interfasi del Cnr, università e industrie europee. Tra le applicazioni turbine per voli a basso impatto ambientale e catalizzatori super economici.
Realizzare palette di turbina per motori aeronautici più leggere, così da rendere il trasporto aereo meno inquinante; ma anche celle a combustibile super economiche per alimentare laptop di nuova generazione. Sono alcuni degli obiettivi di Impress, cioè Intermetallic materials processing in relation to Earth and space solidification, il più importante progetto dell’Unione Europea sugli intermetallici, che conta 42 partners tra gruppi di ricerca e industrie, provenienti da 15 nazioni europee oltre alla Russia, e che ha lo scopo di individuare nuovi materiali e tecnologie a basso impatto ambientale.“Le leghe intermetalliche sono composti ottenuti per solidificazione da fusione di due o più metalli e sono oggetto di notevole interesse, specialmente a livello industriale”, spiega Enrica Ricci, ricercatrice dell’Istituto per l’energetica e le interfasi (Ieni) del Cnr di Genova, Istituto partner nel progetto. “Una delle tematiche che intendiamo sviluppare - prosegue l'esperta - riguarda la struttura e le proprietà di alcune leghe intermetalliche e il loro utilizzo tra vari campi di applicazione, dai componenti per strutture aerospaziali ai nuovi sistemi di generazione di energia”. “Ad esempio, il loro impiego per la produzione di alcuni componenti delle turbine dei motori aerei permetterà di ridurne il peso del 50 per cento”, afferma Valentino Lupinc, Ieni – Cnr di Milano, “aumentando di molto l’efficienza e diminuendo quindi il consumo del carburante, con una conseguente notevole riduzione delle emissioni”. Tra i vantaggi a lungo termine del progetto, che è coordinato dall’Agenzia spaziale europea, vi sarà la capacità di realizzare nuovi prodotti che oggi non esistono ancora sul mercato. "Come, ad esempio, grandi pale operanti in condizioni estreme di sforzi, temperatura e ambiente aggressivo", prosegue Lupinc, "che porteranno a costruzioni di turbine a gas per produzione di energia elettrica di grandi dimensioni, potenza e rendimenti”.La possibilità di utilizzare leghe intermetalliche in forma di nano-particelle, a seguito di un processo di vaporizzazione ad alta temperatura, permetterà anche di produrre catalizzatori più efficienti per celle a combustibile ad idrogeno che costerebbero la centesima parte di quelli attualmente utilizzati in platino. “Le nuove celle a combustibile potranno essere impiegate, ad esempio, in oggetti portatili come i laptop di nuova generazione, o come generatori in nuovi mezzi di locomozione quale il prototipo di scooter presente al National Science Museum di Londra nella sezione dedicata al progetto Impress”, spiega Ricci. “Anche in questi casi - continua la Ricci - i risultati del progetto potranno fornire notevoli benefici a livello ambientale grazie alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di ossido di azoto”.Uno dei principali obiettivi di Impress, cui l’industria sembra maggiormente interessata, è capire come i processi di solidificazione possano influire sulle proprietà finali del composto. “In tale senso lo spazio è l’ambiente ideale per ottenere misure accurate delle proprietà termofisiche”, spiega Ricci.“E’ per questo che il progetto prevede la sperimentazione in assenza di gravità con voli parabolici, razzi sonda e, in prospettiva, sulla stazione spaziale internazionale”, ha concluso l'esperta.Photocourtesy of www.aopa.org
Fonte:http://www.scienze.tv/node/3994

Saturno: lo scontro tra due lune




Saturno: lo scontro tra le due lune
Autore: scienzetv
Data di creazione 10/06/2008 - 13:05





WASHINGTON, Usa -- Tempo fa gli astronomi della Nasa, osservando le immagini della sonda Cassini, hanno individuato strane anomalie in uno degli anelli di Saturno. Ora, finalmente, sembra ci sia una spiegazione a questo fenomeno: due lune, una dal diametro di 5 chilometri, si sono scontrate, e dall'impatto si sono formati jet di particelle di ghiaccio che hanno perturbato l’anello in questione.
Per tanto tempo immagini scattate dalla sonda della Nasa e dell’Agenzia Spaziale Europea Cassini, che si trova attorno a Saturno, avevano lasciato attoniti gli astronomi. In uno degli anelli del grande pianeta, quello denominato con la lettera “F”, erano state osservate delle strane anomalie. Anormali scie e un ingrossamento di una particolare area dell’anello attendevano una spiegazione plausibile del fenomeno.Ora finalmente è arrivata ed è stata pubblicata sulla rivista Nature, da ricercatori inglesi. Una luna dal diametro di 5 chilometri, scoperta dalla medesima sonda planetaria nel 2004, sembra essersi scontrata con un’altra luna di cui però non si avevano tracce e dallo scontro si sono formati jet di particelle di ghiaccio che hanno perturbato l’anello in questione. “E’ stato assai difficile identificare il fenomeno, perché l’anello F è molto sottile, tuttavia dopo attente analisi durate quasi due anni ora abbiamo la certezza di quell’evento”, ha spiegato Carl Murray, astronomo che segue le ricerche della sonda Cassini. Come è possibile che due lune si scontrino tra loro? “Il materiale che compone l’anello F, è continuamente perturbato dalla gravità di una grossa luna, Prometeo, e quindi anche le piccole lune subiscono in continuazione spostamenti da quella che è la loro orbita principale. Dunque lo scontro è talora inevitabile”, continua Murray. Le conclusioni della ricerca risultano importanti anche per spiegare numerose altre “scie” presenti nell’anello F, che fino ad oggi risultavano di difficile interpretazione. “Quanto hanno portato alla luce gli astronomi inglesi ci permette di affermare che nell’anello F avvengono scontri quasi quotidianamente, tanti sono i filamenti che le foto della sonda Cassini ci mostrano e ci hanno mostrato nel passato”, afferma Sébastien Charnoz, dell’Università di Parigi 7/CEA, esperto in scontri di planetesimi.Questi fenomeni spiegano perché ancora oggi gli anelli di Saturno, di Giove e di tutti i pianeti che li possiedono esistono ancora. Per molto tempo infatti ci si è chiesti come è possibile che tali pianeti a distanza di 4 miliardi di anni dalla loro formazione potessero ancora avere gli anelli e non fossero invece precipitati su di essi. L’aver scoperto che piccole o grandi lune si possono scontrare a così lunga distanza dalla nascita dei pianeti spiega come il serbatoio del ghiaccio che forma il materiale degli anelli sia ancora abbondante, anche se nascosto proprio tra gli anelli stessi.
Luigi Bignami
Photocourtesy of www.nasa.gov

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4045

domenica 8 giugno 2008


Parte il supertelescopio della Nasa
Autore: scienzetv
Data di creazione 05/06/2008 - 11:14

CAPE CANAVERAL, Usa -- E' pronto sulla rampa di lancio di Cape Canaveral il satellite della Nasa Glast, da Gamma-ray Large Area Space Telescope, la cui partenza è prevista per il 7 giugno. Il nuovo satellite è un telescopio per lo studio dei "raggi gamma" che osserverà l'Universo con una visione ampia quasi quanto quella del nostro occhio: 120 gradi.
Grazie ai suoi strumenti Glast potrà osservare tutto il cielo alle frequenze gamma, studiando una radiazione che trasporta miliardi di volte più energia delle frequenze ottiche alle quali è sensibile il nostro occhio.
Potrà ad esempio "immortalare" i fenomeni connessi con le stelle di neutroni (ossia gli astri che rimangono dopo l’esplosione di una grossa stella), le supernove (le stelle nell’atto dell’esplosione), i buchi neri e le nubi di polvere presenti nella nostra galassia.Tramite le sue ricerche sarà possibile anche capire nel dettaglio la struttura di centinaia di “galassie attive”, che sono le galassie che possiedono un buco nero proprio al centro, il quale governa l'emissione alle alte energie.
Glast registrerà anche i lampi di raggi gamma, i segni dei maggiori "cataclismi" che avvengono nell'Universo e di cui ancora si conosce molto poco e avrà anche il compito di svelare le proprietà di numerose sorgenti di raggi gamma non ancora identificate, la cui presenza e natura avvince gli astrofisici da molti anni. Ma ci aiuterà anche a capire ancora meglio alcune caratteristiche della stella a noi più vicina e nota, il nostro Sole.
Il satellite inoltre cercherà segnali della "materia oscura", la materia di cui si conosce l’esistenza e la quantità, ma di cui non è nota la composizione e la ricerca in orbita è collegata con quella che si svolge cento metri sotto terra, all'interno dell'acceleratore di particelle Lhc che inizierà a funzionare alla fine del 2008. Questa macchina, che si trova al laboratorio europeo del Cern di Ginevra, cercherà infatti di produrre particelle di materia oscura e di osservarle nei suoi giganteschi rivelatori.È un satellite Nasa realizzato in collaborazione con Italia, Francia Germania, Svezia e Giappone. E italiani sono alcuni importanti strumenti a bordo del satellite. Uno dei quattro, ad esempio, è stato costruito dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ed è il rivelatore al silicio dei raggi gamma.
Luigi Bignami
Photo courtesy of www.nasa.gov

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4004

venerdì 6 giugno 2008

Scoperto pianeta simile alla Terra



Scoperto pianeta simile alla Terra
Autore: scienzetv
Data di creazione 04/06/2008 - 11:16

WELLINGTON, Nuova Zelanda -- E' un pianeta con dimensioni simili a quelle della Terra e ruota attorno a una stella molto più debole del Sole. Questi aspetti hanno incuriosito due esperti, che l'hanno osservato con il telescopio MOA-II sul Mount John Observatory, in Nuova Zelanda. L'oggetto spaziale è anche il più piccolo pianeta mai osservato attorno a una stella normale.
La scoperta è molto interessante. Non solo perchè il pianeta, denominato MOA-2007-BGL-192Lb, è di natura e grandezza molto simili a quelle del nostro pianeta, ma soprattutto in quanto si trova nelle vicinanze e orbita attorno a un astro. Da specificare che quest'ultimo è un pò diverso dal Sole: esso potrebbe essere una nana rossa o una nana bruna capace di diffondere poca luce e calore.Nicholas Rattenbury dell’Università di Manchester e David Bennett dell’University of Notre Dame, i due autori della scoperta, hanno affermato che la stella è circa tremila volte o forse anche un milione di volte più debole del Sole. Gli astronomi hanno ipotizzato che il resto del calore potrebbe provenire dal nucleo interno caldo del pianeta. La sua distanza dalla stella è la stessa di quella tra Venere e il Sole. I due studiosi hanno avanzato l'ipotesi che sul pianeta possano esistere anche oceani d'acqua, allo stato liquido grazie al calore interno, e un'atmosfera sottile. In questo modo l'ambiente sembrerebbe simile al nostro pianeta freddo Plutone. "Abbiamo compiuto un altro passo significativo verso la scoperta di un pianeta gemello alla Terra - ha detto David Bennett -, perché abbiamo affinato i modi per arrivare ad individuarlo". Ad oggi gli strumenti disponibili non sono così potenti da osservare un corpo come quello individuato dai due ricercatori. Per questo la sua esistenza è stata avvertita studiando altri aspetti, come per esempio la luminosità della stella madre.Un telescopi più potente verrà lanciato in orbita nel 2013 dalla Nasa: il James Web Telescope, successore del telescopio spaziale Hubble. Il dispotivo fotograferà il cielo nell'infrarosso. E proprio la settimana scorsa, a Pasadena, numerosi esperti hanno parlato della costruzione du un osservatorio spaziale in grado di fotografare i pianeti extrasolari. Gli esperti riuniti nella città americana si sono detti convinti anche della scoperta futura di un pianeta più grande della Terra e in cui si possono sviluppare forme di vita.
Valentina Corti
Photocourtesy of www.nasa.gov

Fonte:http://www.scienze.tv/node/3996

Ecco il primo campione di terreno marziano




Ecco il primo campione di terreno marziano
Autore: scienzetv
Data di creazione 04/06/2008 - 13:19

WASHINGTON, Usa -- Buone notizie da Marte. La sonda della Nasa Phoenix è riuscita a prelevare il primo campione di terreno marziano (nella foto). Dopo i problemi avuti all'inizio della missione, il braccio robotico ha funzionato perfettamente. La terra raccolta dal dispositivo spaziale è stata anche fotografata dalla telecamera installata sul braccio della sonda.
L'agenzia spaziale americana ha assicurato che tutto sta andando per il meglio. Entro la fine della settimana Phoenix effettuerà il secondo prelievo. La ricerca sul suolo è una delle principali attività della sonda e ha il fine di individuare gli elementi che potrebbero indicare la presenza di forme di vita sul Pianeta rosso.Nel frattempo gli scienziati della Nasa stanno studiando nel dettaglio il materiale bianco su cui si è posizionata la sonda una settimana fa. Gli esperti hanno avanzato anche delle ipotesi: "Potrebbe trattarsi di ghiaccio oppure di sale", hanno detto gli studiosi. Per notizie più precise bisognerà attendere le analisi dei campioni.
Valentina Corti
Photocourtesy of www.nasa.gov

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4000

giovedì 5 giugno 2008

Dall'America arriva l'acqua "modificata"





Dall'America arriva l'acqua "modificata"
Autore: scienzetv
Data di creazione 04/06/2008 - 13:40

BOSTON, Usa -- Acqua potabile pura al cento per cento. Senza virus o batteri. Per ottenerla, alcuni scienziati della Duke University hanno usato un nuovo metodo: sono intervenuti su frammenti di materiale genetico in modo da bloccare la replicazione degli esseri microscopici. La tecnica è stata presentata ad un congresso di microbiologia a Boston.
Gli esperti che hanno messo a punto questo tipo di acqua sono riusciti nel tentativo di bloccare l'attività di un fungo molto comune nel liquido. Secondo gli studiosi il metodo utilizzato potrebbe consentire di risolvere il problema della sicurezza dell'acqua potabile nei Paesi in via di sviluppo, e nello stesso tempo fare da alternativa a cloro e raggi ultravioletti nei Paesi avanzati.La nuova tecnica, presentata al congresso della Società Americana di Microbiologia, è incentrata sull'interferenza dell'Rna e consiste nel mettere in azione "interruttori molecolari" (micro-Rna) per accendere o spegnere l'attività dei geni. Questa procedura era molto diffusa nell'ambito della ricerca biomedica, ma per la prima volta, in questo caso, è stata utilizzata in campo ambientale."I nostri dati dimostrano che è possibile mettere a tacere l'azione di uno specifico gene in un fungo che vive nell'acqua", ha detto Sara Morey, la responsabile dello studio. L'esperta ha aggiunto che "l'interferenza dell'Rna promette di diventare uno strumento per inibire geni al fine di controllare la proliferazione di batteri e virus che vivono nell'acqua".



Valentina Corti

Photocourtesy of www.hannachile.com

Fonte:http://www.scienze.tv/node/4001

lunedì 2 giugno 2008



Scoperta impronta umana: forse la più antica
Autore: scienzetv
Data di creazione 31/05/2008 - 15:23





LA PAZ, Bolivia -- Grande scoperta per la storia dell'evoluzione umana. Durante una conferenza stampa nella sede del ministero degli Esteri boliviano, a La Paz, è stata presentata una sezione di pietra lunga tre metri, larga uno e spessa 30 centimetri, con l'impronta di un'orma di 29,5 centimetri corrispondente a un uomo alto circa 1 metro e 70 centimetri e del peso di 70 chili. Forse la più antica del mondo.
Una scoperta che, se confermata, potrebbe cambiare la storia dell'umanità e sconvolgere le teorie finora conosciute sull'evoluzione della specie umana. Sì perché finora si supponeva che il primo ominide che avesse capacità di spostarsi in modo eretto fosse l'Australopithecus anamensis, di cui sono stati scoperti, in Kenya, resti risalenti a quattro milioni di anni fa. L'impronta pietrificata trovata in Bolivia, invece, potrebbe risalire a un periodo compreso tra cinque e 15 milioni di anni fa.L'orma umana boliviana è stata rinvenuta nelle vicinanze del lago Titicaca, a circa 70 chilometri ad ovest di La Paz, fra i villaggi di Tiwanaku e Guaqui, abitati da indigeni aymara. L'impronta è stata presentata a una conferenza promossa dalla Comunità della Sapienza Ancestrale, che da oltre 30 anni lavora per la valorizzazione della conoscenza ereditata dalle culture preispaniche.Durante la conferenza, in cui sono stati presentati ai giornalisti rapporti scientifici e fotografie riguardanti la scoperta, l'archeologo Manuel de la Torre ha dichiarato che si tratta di un reperto appartenente al miocene dell'epoca terziaria, quando la cordigliera delle Ande era in formazione, e questo ne fa "l'orma umana sicuramente più antica mai scoperta".

Greta Consoli

Photo courtesy of www.studiocelentano.it
Fonte:http://www.scienze.tv/node/3983

Scoperta la tribù degli "uomini rossi"





Scoperta la tribù degli "uomini rossi"
Autore: scienzetv
Data di creazione 31/05/2008 - 14:46

RIO DE JANEIRO, Brasile -- Uomini rossi, indigeni con il corpo e il viso coperti di colore e mai venuti in contatto con il resto del mondo. E' questa la tribù scoperta nell'Amazzonia occidentale, vicino al confine tra Brasile e Perù, da una spedizione del Funai, la fondazione governativa che difende i diritti degli indios in Brasile.
Davvero una scoperta eccezionale. La spedizione era finanziata dal governo dello Stato brasiliano di Acre. La tribù degli "uomini rossi" è stata fotografata da un aereo in una remota zona della selva amazzonica. Le immagini mostrano una quindicina di persone con i volti e i corpi dipinti di pigmenti rossi che guardano verso l'alto.Si tratterebbe di una delle ultime tribù indigene del Sudamerica, ancora isolata dal resto del mondo. In alcune foto si vedono gli indigeni armati di frecce che tentano di colpire il velivolo, in altre si vede il loro accampamento, costituito da alcune capanne costruite in una parte di foresta ripulita dagli alberi.Solitamente queste tribù sono formate da poche persone, al massimo un centinaio, e vivono nei luoghi più remoti della terra, in regioni inesplorate, dove la civiltà non è riuscita ad arrivare. Sono le popolazioni più minacciate del pianeta, messe a rischio dall'industria mineraria e da quella del legname che disbosca i territori dove abitano.Ma non solo. Messe a rischio anche da un contatto con gli occidentali, che possono portare malattie per loro sconosciute. Per esempio, se per noi un raffreddore è innocuo, per loro potrebbe essere letale.Secondo "Survival International", un'organizzazione che si batte per i diritti degli indios, sono circa 40, in Brasile, i gruppi indigeni che ancora non hanno stabilito contatti con il mondo esterno. Ma si calcola che, al mondo, esistano non più di 100 tribù mai contattate. La maggior parte di esse si trova in America meridionale, soprattutto tra Brasile e Perù. Altre se ne trovano in Australia e Asia.
Greta Consoli
Photo courtesy of www.repubblica.it
Fonte:http://www.scienze.tv/node/3982

Cervello: il codice che leggerà i pensieri


Cervello: il codice che leggerà i pensieri
Autore: scienzetv
Data di creazione 30/05/2008 - 14:08



ROMA -- Un gruppo di esperti informatici e di neuroscienziati, coordinati da Tom Mitchell della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, è riuscito a decifrare una parte del codice linguistico del cervello, individuando alcuni circuiti neuronali che si attivano nel momento in cui si pensa a una parola associata a un oggetto. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista "Science".
Gli scienziati hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale su un gruppo di volontari. Gli esperti hanno osservato diverse combinazioni dell'attività cerebrale, ciascuna associata a una parola. Poi utilizzando statisticamente queste associazioni tra l'attività neurale e una singola parola, l'equipe è riuscita a dedurre il "codice" di migliaia di altre parole."Crediamo di aver identificato un certo numero di unità di codice di base che il cervello usa per rappresentare il significato di alcune parole", ha spiegato Mitchell. Un passo importante, quindi, per la decifrazione del codice del cervello.Secondo la rivista Science questa scoperta potrebbe portare, in futuro, alla creazione di un dizionario cerebrale e alla possibilità di sviluppare dei dispositivi capaci di leggere nella mente perché in grado di utilizzare questo dizionario.In futuro l'applicazione di queste scoperte potrebbe permettere una migliore comprensione di malattie come l'autismo e i disturbi del pensiero come la paranoia, la schizofrenia, la demenza semantica.