lunedì 29 settembre 2008

Ricompensa agli scopritori di Oetzi


Ricompensa agli scopritori di Oetzi
Inserito da scienzetv il Lun, 29/09/2008 - 15:48

BOLZANO -- Un premio, per al termine di un'estenuante disputa legale, se lo meritavano. Se non altro per aver contribuito a fare in po' di luce sulle caratteristiche e le usanze degli abitanti primitivi dei ghiacciai altoatesini. La giunta provinciale di Bolzano ha deciso di pagare 150mila euro alla coppia di turisti tedeschi che ritrovò Oetzi, la mummia del Similaun.
Accadeva 17 anni fa. Durante un'escursione sul ghiacciaio, i due s'imbatterono nei resti di quello che pareva un uomo primitivo.
Dopo quel ritrovamento Oetzi ha lasciato dietro di sé una serie di sventure per chi, per studio o curiosità, veniva in contatto con lui. Tanto da far gridare a una maledizione in stile Tutankhamon. Oggi la delibera di giunta ha stabilito di chiudere il contenzione con i turisti Erika e Helmut Simon che da sempre si dichiarano i legittimi scopritori della mummia. Ma l'uomo, nel frattempo, è morto travolto da una valanga. La somma andrà dunque interamente alla donna.

A che distanza è quella stella?




IL CIELO
29/9/2008
A che distanza è quella stella? Tre conferenze a Torino

PIERO BIANUCCI
Come si misura la distanza di una stella? E di una galassia? E del confine dell'universo? Risponderà a queste domande un ciclo di tre conferenze organizzato dall’Istituto nazionale di Astrofisica – Osservatorio astronomico di Torino nella sala dell’Archivio di Stato in piazza Castello 209, a Torino. Il ciclo si snoda su tre venerdì dal 3 al 17 ottobre, appuntamento alle ore 18. I relatori fanno parte del gruppo di ricerca dell’Osservatorio torinese. Incomincerà Renato Pannunzio il 3 ottobre con la conferenza “Sa Ipparco di Nicea alla missione Hipparcos: due millenni di astrometria”. Poi il 10 ottobre sarà la volta di Giuseppe Massone con “Astrometria e geodesia nei secoli XVII-XIX: i primordi dell’Osservatorio di Torino. Concluderà Mario Lattanzi il 17 ottobre: tema “Alle origini dell’Universo con la nuova astrometria. Misurare l’universo: il capitolo moderno di questa storia inizia nel 1838, quando l’astronomo tedesco di Koenisberg Friedrick Wilhelm Bessel (nell’immagine) per la prima volta calcola la distanza di una stella, e termina (provvisoriamente) una decina di anni fa, quando il telescopio spaziale “Hubble” ha permesso di stabilire con sufficiente precisione la velocità di espansione cosmica. Un bel libro ripercorre le tappe di questo lungo percorso scientifico. In “Oltre la Via Lattea” (Edizioni Dedalo)l’astrofisico inglese John Gribbin e sua moglie Mary, autrice di libri scientifici per ragazzi, ci raccontano questa grande avventura dell’intelligenza umana in un centinaio di pagine piene di aneddoti curiosi. All’inizio del secolo scorso si discuteva ancora se la Via Lattea fosse tutto l’universo. A fornire la chiave per risolvere l’enigma fu Henrietta Swan Leavitt, fragile ma tenace vestale dell’astronomia: scoprì che di certe stelle, chiamate Cefeidi, possiamo conoscere la brillantezza intrinseca in quanto dipende dal periodo delle loro oscillazioni luminose. Dal confronto tra luminosità reale e apparente, si risale alla distanza. Si comprese così che la Via Lattea ha un diametro di 100 mila anni luce e che certe nebulose non erano affatto nebulose ma altre galassie, lontane molti milioni di anni luce. Edwin Hubble nel 1929 annuncia che tutte le galassie sembrano allontanarsi l’una dall’altra, come se lo spazio si espandesse. E’ il nòcciolo della teoria del Big Bang. All’inizio la velocità di espansione fu sovrastimata, sicché l’universo appariva molto più piccolo e giovane. L’osservazione di altre stelle dalla luminosità standard, le nove e le supernove, prima con il telescopio di Monte Palomar e poi con il telescopio spaziale, ha permesso di valutare meglio la velocità di espansione. Oggi si ritiene che sia circa un decimo di quella stimata nel 1931. Risultato: il confine dell’universo si trova a circa 14 miliardi di anni luce, e 14 miliardi di anni è quindi anche la sua età, cioè il tempo trascorso dal Big Bang. John e Mary Gribbin si fermano qui. Ma ora gli astronomi devono fare i conti con fatti nuovi: l’espansione accelera, pare che il 95 per cento dell’universo sia fatto di materia ed energia oscure. L’avventura non è finita. Per fortuna.

domenica 28 settembre 2008

L'oro è piovuto dal cielo


Nuova teoria presentata da uno scienziato tedesco
L'oro è piovuto dal cielo

I metalli preziosi sarebbero stati portati fra 4 e 3 miliardi di anni fa da «isole del tesoro cosmiche»
I metalli preziosi sarebbero arrivati sulla terra trasportati da asteroidi 3-4 milioni di anni fa (da
www.dailygalaxy.com) ROMA- Oro, platino, palladio, iridio e altri metalli preziosi e rari sul nostro pianeta sono un dono del cielo. Proprio così, ci sono arrivati dentro a quelle che possono essere considerate delle «isole del tesoro cosmiche», veri e propri scrigni vaganti nello spazio extraterrestre: gli asteroidi e i meteoriti metallici, un tempo molto più abbondanti di oggi, al punto che la loro caduta sulla Terra era pressoché continua. L’originale ipotesi è stata avanzata dall’astrofisico tedesco Gerhard Schmidt, dell’università di Mainz, e discussa al congresso europeo di Scienze Planetarie di Muenster, nella regione tedesca di Reno-Westfalia (22-26 settembre 2008).
CAMPIONAMENTI - Lo scienziato riferisce di essere arrivato a queste conclusioni dopo 12 anni di ricerche sperimentali, nel corso delle quali ha studiato centinaia di siti in cui sono caduti e sono stati recuperati meteoriti grandi e piccoli, effettuando analisi quantitative delle tracce dei metalli preziosi presenti. Nello stesso tempo, il metodico professor Schmidt ha effettuato analoghe analisi su campioni di rocce provenienti dal mantello terrestre (lo strato immediatamente sotto la crosta del nostro pianeta), sui frammenti di rocce lunari portate dagli astronauti delle missioni Apollo negli anni ’70, e su meteoriti di origine marziana. A conclusione di molteplici confronti, Schmidt si è convinto che l’oro e gli altri metalli preziosi, chiamati anche «siderofili» per la loro affinità a combinarsi col ferro, non appartengono alla storia evolutiva della Terra, nel senso che non si sono formati a partire dalle polveri di quella parte di «nebulosa primordiale» da cui si è aggregato il nostro pianeta circa 5 miliardi di anni fa. Invece, afferma Schmidt, i metalli siderofili hanno una «origine cosmochimica», nel senso che si sono formati in quel più vasto crogiolo naturale degli elementi che esiste in una molteplicità di ambienti dello spazio cosmico, concentrandosi poi negli asteroidi di natura metallica e nei loro più piccoli derivati chiamati meteoriti.

CENTINAIA DI ASTEROIDI - Lo scienziato tedesco ha potuto calcolare che per rifornire la Terra delle quantità di metalli preziosi che oggi vi si riscontrano, furono sufficienti circa 160 asteroidi metallici del diametro di 20 km ciascuno. Secondo lo scenario elaborato da Schmidt, dopo la formazione della Terra, quando il nostro pianeta prese la consistenza di un corpo sferico dotato di grande massa, la sua forza gravitazionale cominciò ad attrarre gli asteroidi e gli altri corpi minori che le passavano vicini e che erano molto più abbondanti rispetto a oggi –fra questi asteroidi e meteoriti di natura metallica- e così poté arricchirsi di oro e di tutti gli altri metalli preziosi, che poi migrarono nella crosta terrestre attraverso vari processi di concentrazione. Secondo alcune stime oggi nella parte più esterna del nostro pianeta esistono ancora 50 mila tonnellate di oro.
Franco Foresta Martin
24 settembre 2008

martedì 23 settembre 2008

Il Giappone lancia l'ascensore spaziale



Il Giappone lancia l'ascensore spaziale
Inserito da scienzetv il Mar, 23/09/2008 - 11:37


TOKIO, Giappone -- Costerà 5 miliardi di dollari il fantascientico progetto che gli scienziati Giapponesi hanno intenzione di realizzare nei prossimi anni. Si tratta della costruzione di un'ascensore spaziale che porterà tecnici, astronauti e turisti dalla Terra a una stazione orbitante.
Secondo quanto riferisce il quotidiano britannico Times, l'ascensore sarà alto 32mila chilometri. Partirà dalla superficie terrestre per congiungersi con una piattaforma spaziale che orbita in sincrono con la Terra. L’ostacolo più grande da superare è quello di trovare un materiale - estremamente leggero e molto resistente - adatto alla costruzione dell’ascensore e dei vari marchigegni necessari al suo funzionamento. Gli scienziati stanno valutando di utilizzare nanotubi di carbonio, microscopiche particelle di tessuto in fibra. Il direttore della Japan’s Space Elevator Association Yoshio Aoki, che si sta occupando del progetto, ha detto che i cavi dovrebbero essere 180 volte più forti dell’acciaio. Dovrebbero essere ancorati al terreno e «sparire» nel cielo fino raggiungere una stazione spaziale in orbita geostazionaria.A fornire l'energia sufficiente per il funzionamento dell'ascensore "stiamo pensando di utilizzare una tecnologia già impiegata nei nostri treni proiettile" ha detto Aoki. «I nanotubi di carbonio - ha aggiunto - sono buoni conduttori di elettricità, così stiamo pensando di avere un secondo cavo per fornire potenza lungo tutto il percorso».Molteplici le finalità dell'ascensore. Far salire gli esseri umani nello spazio (turisti compresi), prima di tutto. E in secondo luogo, rimuovere rifiuti pericolosi, come quelli nucleari, dalla Terra e scaricarli nello spazio. Se realizzato, l'ascensore diventerebbe un mezzo di trasporto a dir poco rivoluzionario: consumando un centesimo dell'energia di uno shuttle, porterebbe nello spazio oggetti pesanti come generatori e pannelli solari.Il progetto giapponese è già in fase avanzata di stesura. La possibilità di costruire ascensori spaziali però interessa agli americani. La Nasa starebbe studiando un sistema molto simile a quelli sviluppato dagli scienziati del Sol Levante.

domenica 21 settembre 2008

Buon compleanno a Stephen King


Biografia [modifica]

I primi anni [modifica]

La casa di Stephen King a Bangor, nel Maine.
Stephen Edwin King nasce il 21 settembre 1947 a Portland. Suo padre, Donald Edwin King (di origini scozzesi-irlandesi), è un impiegato della Electrolux, ex capitano della Marina Mercantile e impegnato fino al 1945 nella Seconda Guerra Mondiale, e sua madre, Nellie Ruth Pillsbury King, una casalinga di origini modeste. Pur essendo il primogenito, i suoi genitori hanno adottato due anni prima, esattamente il 14 settembre del 1945, David Victor, che verrà però sempre considerato da King un vero fratello maggiore.
Nel 1949 il padre esce per una delle sue passeggiate e non farà più ritorno a casa, a causa di problemi familiari. Questo avvenimento segnerà profondamente il carattere del futuro scrittore, tanto che è possibile trovare in numerosi romanzi il difficile rapporto padre-figlio (fra gli altri: It, Cujo, Christine e Shining).
La famiglia comincia così a spostarsi da un luogo ad un altro: la signora Nellie Ruth King in quegli anni e nei successivi sarà spesso fuori casa per quasi tutto il giorno, impegnata in vari lavori, come stiratrice in una lavanderia, lavoratrice notturna in una panetteria, commessa e donna delle pulizie. Con il proprio lavoro riesce comunque ad assicurare ai due figli una buona educazione, guidandoli all'ascolto di buona musica ed alla letteratura. Di quegli anni, Stephen King dirà che "Non avemmo mai una macchina, ma non saltammo mai un pranzo".
L'infanzia di Stephen King viene colpita, oltre che dalla scomparsa del padre, dalla morte di un suo amico.[1] All'età di quattro anni, i due sono impegnati a giocare vicino ad una ferrovia, quando l'amico del futuro scrittore cade sulle rotaie e viene travolto da un treno. King, in stato confusionale, torna a casa senza ricordare quanto successo.

La scuola e le prime esperienze in campo letterario [modifica]
Iscritto in prima elementare, King passa i primi nove mesi malato. Colpito prima dal morbillo, ebbe in seguito problemi con gola e orecchie. Curato da alcuni esperti, si ritira dalla scuola per volere di sua madre e passa diversi mesi in casa. È durante questo periodo che King inizia a scrivere, copiando interamente fumetti a cui aggiunge descrizioni personali. Il suo primo racconto, completamente inventato da lui, tratta di quattro animali magici a bordo di una vecchia macchina, guidati da un enorme coniglio bianco e con il compito di aiutare i bambini.
Durante questo periodo inizierà anche a leggere da solo tutto ciò che trova. A dieci anni scopre il genere horror, dopo aver visto un film sugli extraterrestri. Due anni dopo, rinviene nella soffitta della zia i libri del padre, appassionato di Edgar Allan Poe, H.P. Lovecraft e Richard Matheson, nonché appassionato scrittore. Ed è nel 1960 che King invia il suo primo racconto ad una rivista, la Spacemen, che si occupava di film di fantascienza. Il suo scritto non sarà mai pubblicato.
Un anno prima invece King inizia a scrivere per un piccolo giornale, il Dave's Rag (letteralmente, Lo straccio di Dave), giornale prodotto dal fratello maggiore di King in tiratura limitata e distribuito a vicini di casa e coetanei.
Nel 1962 frequenta la Lisbon Falls High School, a Lisbon Falls. La sua passione per i film dell'orrore e per la letteratura lo spingeranno a scrivere diversi racconti, spesso delle semplici trasposizioni dei film visti al drive-in. Questi racconti passano fra i suoi amici di scuola, e King utilizzerà la macchina da stampa del Dave's Rag per produrre delle copie stampate dei suoi racconti. In particolare, sarà il film Il pozzo e il pendolo di Edgar Allan Poe a ispirare King che, tornato a casa, realizza una trasposizione dello stesso. Prodotta poi in una quarantina di copie, la vende il giorno successivo a scuola, ma gli insegnanti, una volta scoperto quanto è successo, obbligheranno il giovane King a restituire i soldi.
Il secondo anno alle Lisbon High School, diventa direttore del giornale scolastico The Drum assieme a Danny Emond. Il giornale avrà scarso successo, ma costerà una punizione a Stephen King che, annoiato dai soliti articoli, ha l'idea di realizzare un giornale umoristico prendendo in giro i vari professori. The village vomit, nuovo nome del giornale, ha successo fra gli studenti, ma i professori non gradiranno i vari soprannomi e spediranno King in punizione per una settimana. Al termine della stessa, il giovane scrittore verrà contattato per far parte di un vero giornale, il Lisbon Enterprise, settimanale di Lisbon. Inizierà qui a scrivere riguardo ad incontri sportivi e apprenderà le tecniche di buona scrittura.
Nel 1966 viene pubblicato sulla fanzine Comics Review il primo racconto di Stephen King. Si tratta di I was a teenage grave robber, racconto in prima persona.

Università e lavoro [modifica]
Dal 1966 al 1971, King studia inglese all'Università del Maine ad Orono. Anche qui fa parte del giornale scolastico, il The Maine Campus, per cui scrive articoli nella sezione King's Garbage Truck. Per mantenersi agli studi, King lavora sia durante l'anno scolastico, sia durante le vacanze estive. Nel 1967 riesce finalmente a pubblicare su una rivista il racconto The Glass Floor a cui, qualche mese dopo, segue il romanzo La lunga marcia (The Long Walk), opera che pubblicherà molti anni dopo. Nell'estate del 1969, lavorando nella biblioteca dell'università, conosce Tabitha Jane Spruce, poetessa, laureanda in storia e sua futura sposa. Il matrimonio verrà celebrato il 2 gennaio 1971 a Old Town.
Finita l'università nel 1970, ottiene il certificato per l'insegnamento nelle scuole superiori. In un primo tempo lavorerà come benzinaio, spazzino, bibliotecario e inserviente in una lavanderia, per poi iniziare a lavorare come insegnante alla Hampden Academy in Hampden, nel Maine. Dopo la nascita della figlia Naomi Rachel nel 1971, King si trasferisce e inizia a scrivere L'uomo in fuga (The Running Man). Nel 1972 nasce un altro figlio, Joseph Hillstroom; da qui in poi seguono molti problemi, economici e di salute, legati alla dipendenza dall'alcool.

Carrie e l'inizio di King [modifica]
È durante questo periodo che Stephen King scrive il suo primo romanzo, Carrie. Grazie al successo inaspettato, i problemi economici della famiglia sono in parte ridotti. Ma è anche in questo periodo che la madre di King muore di cancro e che lo stesso scrittore si scontra con i problemi di alcol e di droga. Arriverà a pronunciare anche il discorso di addio al funerale della madre da ubriaco.[2] Grazie all'intervento dei familiari e di alcuni amici, Stephen King riuscirà ad uscire dal tunnel.
Dopo Carrie, King lascerà il posto da insegnante per dedicarsi completamente alla carriera di scrittore. Darà alle stampe un largo numero di romanzi, a partire nel 1974 con Le notti di Salem (Salem's Lot) e nel 1977 con Shining (The Shining), confermandosi definitivamente presso il grande pubblico.

Incidente [modifica]
Nell'estate del 1999, King è impegnato nella stesura di On Writing: Autobiografia di un mestiere (On Writing: A Memoir of the Craft). Abbandonato per diciotto mesi, riprenderà in mano la bozza il 17 giugno.
Il 19 giugno, circa alle 4:30 del pomeriggio, è impegnato nella giornaliera camminata sulla Route 5 a Center Lovell, nel Maine. A bordo di una Dodge Caravan,[3] Bryan Smith, distratto dal suo rottweiler Bullet, investirà in pieno lo scrittore sul ciglio della strada.
Viste la gravissime condizioni, Stephen King verrà trasportato prima al Northern Cumberland Hospital a Bridgton, e successivamente con l'elicottero al Central Maine Hospital a Lewiston. Qui gli verranno riconosciute la foratura del polmone destro, delle fratture multiple alla gamba destra, la lacerazione del cuoio capelluto e un'anca rotta. Uscirà dall'ospedale il 9 luglio, dopo tre settimane dal ricovero.

Anni recenti [modifica]

Stephen King
Nel 2000 King pubblica una serie di novelle conosciute con il nome The plant su internet. Visto l'insuccesso, abbandona il progetto.[4]
Nel 2002 annuncia di voler smettere di scrivere.
Fino al 2003 scrive sul giornale Entertainment Weekly in una rubrica chiamata The Pop of King, riferimento a The King of Pop di Michael Jackson.
Nell'ottobre del 2005 King firma per la Marvel Comics una trasposizione a fumetti della serie La torre nera intitolata La nascita del pistolero. La serie, basata su un giovane Roland Deschain, è diretta da Robin Furth, illustrata da Jae Lee (vincitore dell'Eisner Award) e con dialoghi di Peter David. La prima uscita viene pubblicata il 7 febbraio 2007 in America, e nel marzo dello stesso anno vende oltre 200 mila copie.[5] In Italia la serie viene pubblicata mensilmente a partire dalla fine dell'agosto 2007, per un totale di quattro albi.
Sempre nel 2007, King viene premiato con il Mystery Writers of America Grand Master.
Annunciato precedentemente per il 21 giugno 2007, King pubblica il 2 ottobre il romanzo Blaze, scritto negli anni '70 sotto lo pseudonimo Richard Bachman ma mai pubblicato. Lo scrittore ha anche terminato il romanzo Duma Key, uscito a gennaio 2008, e ha scritto un romanzo assieme a John Mellencamp intitolato Ghost Brothers Of Darkland County, la cui data di pubblicazione è ancora sconosciuta. Per novembre 2008 è prevista l'uscita negli Stati Uniti della sua quinta raccolta di racconti, dal titolo 'Just after sunset', che conterrà tredici storie.

Bibliografia [modifica]

Romanzi [modifica]
Carrie (Carrie), (1974)
Le notti di Salem (Salem's Lot), (1975)
Ossessione (Rage), (1977), sotto lo pseudonimo Richard Bachman
Shining (The Shining), (1977), originariamente Una splendida festa di morte
L'ombra dello scorpione (The Stand), (1978)
La lunga marcia (The Long Walk), (1979), sotto lo pseudonimo Richard Bachman
La zona morta (The Dead Zone), (1979)
L'incendiaria (Firestarter), (1980)
Uscita per l'inferno (Roadwork), (1981), sotto lo pseudonimo Richard Bachman
Cujo (Cujo), (1981)
La nebbia (The Mist), (1981), racconto contenuto nella raccolta Scheletri
L'uomo in fuga (The Running Man), (1982), sotto lo pseudonimo Richard Bachman
The Plant - Part I (1982)
Pet Sematary (Pet Sematary), (1982)
Christine - la macchina infernale (Christine), (1983)
The Plant - Part II (1983)
Il talismano (The Talisman), (1984) - scritto con Peter Straub
L'occhio del male (Thinner), (1984), sotto lo pseudonimo Richard Bachman
Unico indizio la luna piena (Silver Bullet), (1985)
The Plant - Part III (1985)
It (It), (1986)
Gli occhi del drago (The Eyes of the Dragon), (1986)
Misery (Misery), (1987)
Le creature del buio (The Tommyknockers), (1987)
La metà oscura (The Dark Half), (1989)
L'ombra dello scorpione - edizione completa (The Stand), (1990)
Cose preziose (Needful Things), (1991)
Il gioco di Gerald (Gerald's Game), (1992)
Dolores Claiborne (Dolores Claiborne), (1992)
Insomnia (Insomnia), (1994)
Rose Madder (Rose Madder), (1995)
Desperation (Desperation), (1996)
I vendicatori (The Regulators), (1996), sotto lo pseudonimo Richard Bachman
Il miglio verde (The Green Mile), (1996)
originariamente uscito in 6 puntate:
1 - Le due bambine scomparse
2 - La tana del topo
3 - Le mani di Coffey
4 - La strana morte di Eduard Delacroix
5 - Viaggio nella notte
6 - L'ultimo viaggio di Coffey
Mucchio d'ossa (Bag of Bones), (1998)
La bambina che amava Tom Gordon (The Girl Who Loved Tom Gordon), (1999)
Cuori in Atlantide (Hearts in Atlantis), (1999)
La tempesta del secolo (Storm of the Century), (1999)
L'acchiappasogni (Dreamcatcher), (2001)
Riding the Bullet - Passaggio per il nulla (Riding the Bullet), (2001), racconto venduto in formato multimediale e cartaceo
La casa del buio - meglio conosciuto come "Il talismano 2: La casa del buio" (The Talisman 2: Black House), (2001), scritto con Peter Straub
Buick 8 (From a Buick 8), (2002)
Colorado Kid (The Colorado Kid), (2005)
Cell (Cell), (2006)
La storia di Lisey (Lisey's Story), (2006)
Blaze (Blaze), (2007), sotto lo pseudonimo Richard Bachman
Duma Key (Duma Key), (2008)

S'inceppa la macchina della "fine del mondo"



NEWS
21/9/2008 - IL CASO
Si inceppa la macchina della "fine del mondo"


Guasto al Cern, fermo per due mesi l'acceleratore di particelle

PIERO BIANUCCI
Incidente al Cern, almeno due mesi di stop per l’acceleratore di protoni LHC, il più grande del mondo, inaugurato a Ginevra il 10 settembre davanti a cinquecento giornalisti. E’ successo venerdì poco dopo mezzogiorno, ma la notizia è stata diffusa solo sabato pomeriggio. Una connessione elettrica tra due magneti superconduttori è andata in cortocircuito e il calore che si è prodotto ha «bucato» il circuito dell’elio liquido che serve a raffreddare i magneti a 271 gradi centigradi sotto zero. L’elio liquido si è così riversato in grande quantità nel tunnel a cento metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Nessun danno alle persone, non è certo la «fine del mondo» neppure in senso figurato. Sono malfunzionamenti piuttosto comuni in queste tecnologie estreme. Però è un contrattempo sgradevole per vari motivi. Perché ci sarà un ritardo nell’avvio degli esperimenti. Perché la spesa per la riparazione non sarà lieve, anche se irrisoria rispetto agli otto miliardi del costo complessivo di LHC. Perché il 21 ottobre, quando è prevista l’inaugurazione «politica» di LHC con l’intervento di decine di capi di Stato, la gigantesca macchina non potrà funzionare. E infine anche per un motivo psicologico. Il 10 settembre aveva trovato ascolto la tesi di una sparuta minoranza di scienziati, secondo i quali LHC avrebbe potuto produrre minibuchi neri capaci di inghiottire la Terra intera. Ovviamente non è successo e non succederà niente del genere, ma su Internet già dilagano migliaia di blog che rilanciano paure e grida di allarme. LHC, Large Hadron Collider, è una pista circolare lunga 27 chilometri nella quale corrono in direzioni opposte fasci di protoni, le particelle che con i neutroni costituiscono i nuclei atomici. I due fasci si scontrano in quattro aree sperimentali. E’ lì che i fisici sperano di trovare il «bosone di Higgs», detto anche «la particella di Dio» perché spiegherebbe l’esistenza di tutte le altre e quindi dell’universo stesso. Perché i protoni formino fasci sottili come un capello occorrono potenti magneti. Altri magneti servono a curvarne la traiettoria in modo che seguano la circonferenza del tunnel. I magneti che svolgono questo compito sono l’oggetto più freddo dell’universo: 1,9 Kelvin sopra lo zero assoluto, mentre lo spazio cosmico è a 2,7. Il raffreddamento, che serve a limitare il consumo di energia elettrica, si ottiene con elio liquido. E’ facile capire che una struttura formata da 1700 magneti distribuiti lungo 27 km, con parti ultrafredde e altre a temperatura ambiente, subisce forti stress per la diversa dilatazione dei materiali. Nell’incidente di venerdì il cortocircuito ha causato uno sbalzo termico ben più violento, e il sistema di contenimento dell’elio ha ceduto. La riparazione sarà lunga perché il settore 3-4 della «pista» per protoni che ha subito il danno dovrà essere riportato a una temperatura normale, e dopo la riparazione occorrono parecchie settimane per ridiscendere a meno 271°C. Un problema simile aveva già ritardato quasi di un anno l’inaugurazione. «Quando è avvenuto l’incidente - fa notare James Gillies, portavoce del Cern - il fascio di protoni non era acceso e i tecnici al lavoro non hanno corso nessun rischio: le misure di sicurezza hanno funzionato alla perfezione». Ma basterà a far tacere gli epigoni di Nostradamus?

sabato 20 settembre 2008

Allarme, batteri sempre più resistenti



Allarme, batteri sempre più resistenti
Inserito da scienzetv il Ven, 19/09/2008 - 16:38



GINEVRA, Svizzera -- E' allarme nel mondo della medicina per la rapidità con cui i batteri si stanno rafforzando contro i medicinali finora prodotti dalla case farmaceutiche mondiali. Gli antibiotici, sostengono queste ultime, non riescono più a debellare le forme batteriologiche attuali che si sono rinforzate in questi anni.
"I maggiori successi della medicina moderna rischiano di venire meno. Senza l'efficacia degli antibiotici, interventi chirurgici, trapianti di organi e chemioterapia contro i tumori sarebbero impensabili" sottolinea Otto Cars, il professore dell'università di Uppsala che ha dedicato la vita agli studi sull'antibiotico-resistenza. Il processo è lento, ma ogni volta che si usa un antibiotico, alcuni batteri sopravvivono al trattamento. Per selezione naturale, il ceppo resistente si moltiplica e si rafforza. E la prossima volta che l'antibiotico verrà usato sull'infezione non avrà più alcun effetto. Il più forte di questi batteri pare essere lo stafilococco aureo. E stato segnalato spesso negli ospedali. Provoca diverse infezioni, fra cui la polmonite. tipi di infezioni, fra cui una grave forma di polmonite. negli anni la sua resistenza agli antibiotici è cresciuta a dismisura, tanto da essere quasi inattaccabile. Si calcola che negli ospedali inglesi il batterio abbia fatto registrare 50 decessi del 1993 e 1600 del 2006. Le industrie farmaceutiche stanno sperimentando nuove vie. Dai bachi da seta, dal miele, e persino dal sangue di coccodrillo: per ora senza grandi passi in avanti.

giovedì 18 settembre 2008

Arcobaleno circolare sopra Cuba


Arcobaleno circolare sopra Cuba
Inserito da scienzetv il Gio, 18/09/2008 - 11:06

L'HAVANA, Cuba -- Cambia il clima e sono sempre più strani i fenomeni a cui andiamo assistendo. Ieri un arcobaleno di forma circolare è apparso nei cieli della capitale cubana L'Havana, mentre qualche giorno prima un'astronoma inglese catturava l'immagine di un arcobaleno capovolto nei cieli di Cambridge.
Si tratta di fenomeni del tutto inconsueti. "Non ho mai visto una cosa del genere in tutta la mia carriera", ha detto l'astronoma Jacqueline Mitton. Erano circa le 17 quando, affacciandosi dalla sua villetta la sessantenne - che ha studiato tutta la vita il cielo - ha visto quella strana formazione luminosa che di solito ha luogo solo nelle aree polari. "Devono verificarsi determinate condizioni climatiche, che certamente non capita di trovare a Cambridge. Almeno questo è quello che credevamo", ha detto l'esperta. Si tratta dunque del cosiddetto "arco circumzenitale" che si forma in zone molto fredde e ad alta quota, a causa della rifrazione dei raggi solari da parte di piccoli cristalli di ghiaccio. Un arco invertito, i cui colori sono molto più vivi rispetto a quello tradizionale, che, invece, è prodotto dai raggi del sole deviati dalle gocce d'acqua. E che dire dell'arcobaleno circolare di Cuba? Chi l'ha visto non credeva ai propri occhi. Questa particolare forma si realizza in presenza di sole e particolari condizioni atmosferiche che permettono di visualizzare un cerchio anziché i più consueti arco o semiarco. Chi lo ha osservato dal vivo se lo ricorderà per sempre...

Il campo magnetico "fossile" di Titano




Astronomia e cosmologia
Sulla rivista "Science"






Il campo magnetico "fossile" di Titano. I nuovi dati raccolti da Cassini mostrano che Titano effettivamente conserva una “memoria” di tale campo per un periodo compreso tra 20 minuti e tre ore dopo esservi passato in mezzo
Dopo 3 anni e 31 ravvicinati sorvoli di Titano, l’orbiter Cassini ha colto alcune immagini della luna mentre era al di fuori del campo magnetico di Saturno, rivelando come una parte di esso rimanga associato al satellite in forma di campo “fossile”. L’informazione raccolta in questo particolare sorvolo fornisce una risposta a molte domande rimaste finora insolute sulle relazioni tra le reciproche influenze di Saturno e di Titano. Sebbene il satellite non possieda un campo magnetico proprio, viene fortemente influenzato da quello di Saturno. A quanto si legge nell’articolo pubblicato sull'ultimo numero della rivista "Science", l’assenza di un campo magnetico intrinseco dà come risultato una diretta interazione tra l’atmosfera di Titano, chimicamente complessa, e l’ambiente circostante, ricco di plasma.
Tale interazione consiste nell’accoppiamento elettromagnetico tra le particelle cariche - frutto della ionizzazione dell’atmosfera di Titano e della la corona neutra - con il vento esterno di plasma magnetizzato.
Via via che il plasma si avvicina a Titano, acquisisce massa da questi ioni prodotti localmente e la sua velocità progressivamente diminuisce. Poiché il plasma procede virtualmente senza collisioni, il campo magnetico in esso è “congelato”, il che fa sì che le sue linee esterne corrano intorno al satellite. Tali linee di campo magnetico si addensano e si allungano creando una magnetosfera e una coda magnetica a valle del flusso. I nuovi dati raccolti da Cassini mostrano che Titano effettivamente conserva una “memoria” di tale campo per un periodo compreso tra 20 minuti e tre ore dopo esservi passato in mezzo.Cesar Bertucci e colleghi dell’
Università della California a Davis, dell’Università della California a Los Angeles, Dell’Università dell’Iowa e dello University College di Londra hanno osservato il campo magnetico di Saturno quando era effettivamente fossilizzato intorno alla ionosfera di Titano. (fc)

mercoledì 17 settembre 2008

Il primo cinese per una passeggiata nello spazio



» 2008-09-16 11:09
Spazio: primo cinese per passeggiata

Missione partirà il 25 settembre

(ANSA) - PECHINO, 16 SET - E' un pilota di caccia il primo cinese che farà una passeggiata nello spazio durante la missione che partirà il prossimo 25 settembre. Lo ha annunciato il governo cinese. Zhai Zhigang, colonnello dell'Esercito popolare di Liberazione che ha iniziato a collaborare al programma spaziale a partire dal 1998, e' stato scelto per fare compiere alla Cina questa nuova tappa simbolica nella corsa per la conquista dello spazio.

lunedì 15 settembre 2008

Arriva Cocoon, la capsula virtuale



Arriva Cocoon, la capsula virtuale
Inserito da scienzetv il Lun, 15/09/2008 - 12:25



NEW YORK, Usa -- Visto così, sembra un po' la sfera olografica del celebre film Minority report: un luogo in cui le informazioni comparivano in modo virtuale su schermi trasparenti in 3D. Ebbene, una società francese sta studiando una capsula in cui lavorare, studiare, intratternersi e quant'altro.
Il "bozzolo" in 3D - che prenderà il nome di cocoon - verrà piazzato magari in salotto dove il suo elegante design di certo non sfigurerebbe. Lo sta mettendo a punto la NAU, un collettivo internazionale di design che si propone di rivoluzionare il modo in cui interagiamo con il computer. Quando sarà completato sarà una capsula grande abbastanza da farci entrare un uomo che, una volta dentro, si troverà circondato da uno schermo a 360 gradi con un sistema di audio surround. Dentro l'aggeggio non ci saranno nè joystick nè mouse, bensì una serie di videocamere in grado di rilevare i movimenti di braccia, gambe e viso e saranno in grado di capire anche se si sta camminando o correndo. Si tratta di un'esperienza globale, alla Minority Report, confessano i progettisti. Uno degli sviluppatori del sistema 3D di rilevamento del movimento è John Underkoffler, lo scienziato del Mit che ispirò la tecnologia del celebre film di fantascienza. Nella capsula sarà possibile prendere informazioni muovendo le mani o spostando lo sguardo, proprio come faceva Tom Cruise nel film. Attraverso questi sistemi, ipotizzano i costruttori, si potranno fare riunioni di lavoro a distanza con colleghi presenti solo in maniera virtuale. Oppure fare shopping fra gli scaffali "virtuali" di Amazon. O visitare in maniera virtuale il Guggenheim di New York. Insomma, il cocoon potrebbe introdurre una rivoluzione virtuale senza precedenti e portare il mondo in una nuova epoca. Il "cocoon" verrà completato per ottobre 2009, e i primi modelli dovrebbero entrare in commercio nel 2015.

Nebulosa del Granchio svelato un altro enigma



Nebulosa del Granchio svelato un altro enigma

PIERO BIANUCCI
Importante annuncio sulla rivista "Science" di oggi 28 agosto. La pulsar della Nebulosa del Granchio spara nello spazio raggi gamma polarizzati, probabilmente allineati con il fascio dell’emissione radio e luminosa. La scoperta si deve al gruppo di ricercatori dell’Università di Southampton diretto da Tony Dean e ad una équipe dell’Inaf, Istituto nazionale di astrofisica di Roma guidato da Pietro Ubertini (Inaf-Iasf). Questo risultato, molto significativo per la comprensione delle pulsar ma anche per la fisica teorica e in particolare le teorie di gravità quantistica, si è ottenuto analizzando 600 osservazioni della Nebulosa del Granchio (Crab Nebula) compiute con lo spettrometro a bordo del satellite “Integral” dell’Agenzia spaziale europea, osservatorio orbitante per i raggi gamma finanziato anche dall’Asi, Agenzia spaziale italiana. Circa la metà dei fotoni gamma osservati risultano polarizzati. La scoperta aiuterà a chiarire meglio l'enigma del meccanismo di emissione delle pulsar.La pulsar della Crab Nebula ruota su se stessa 30 volte al secondo ed emette in tutto lo spettro elettromagnetico. Fu scoperta nel 1968 poco dopo che Jocelyn Bell ebbe individuato la prima pulsar nel 1967 con un radiotelescopio progettato per osservare la scintillazione delle quasar ed è il primo oggetto di questo tipo di cui si sia riconosciuta la connessione con un resto di supernova: in questo caso la supernova che fu osservata nel 1054, in pieno medioevo. «Osservare fotoni polarizzati – fa notare Pietro Ubertini – è un po’ come vedere un gran numero di persone scendere da un autobus e, invece di andare ognuna per i fatti suoi, incamminarsi tutte, ordinatamente, nella stessa direzione. Come se qualcosa, sull’autobus, le avesse convinte a ubbidire a qualche ordine. Ma se parliamo di fotoni gamma, quelle persone dobbiamo immaginarcele come omaccioni grossi, muscolosi e determinati come non mai a far di testa propria: quale che sia il meccanismo fisico che li ha messi in riga, deve avere una potenza inimmaginabile». «L'allineamento del vettore elettrico di questi fotoni con l’asse di rotazione della pulsar – aggiunge Tony Dean – insieme con la sua conformità rispetto all’angolo di polarizzazione ottica, rafforza l’ipotesi che entrambi i flussi, quello ottico a bassa energia e quello gamma ad alta energia, siano generati nello stesso luogo, vicino alla stella di neutroni. Una scoperta che ha implicazioni importanti per la comprensione degli acceleratori ad alte energie come la Crab».La Nebulosa del Granchio con al centro la sua pulsar è ciò che resta della supernova osservata nel 1054 nella costellazione del Toro ed è l'oggetto numero 1 del Catalogo Messier (M1). Disegnatore tecnico all’Osservatorio di Parigi, Messier scandagliava la notte con un telescopio a specchio da 19 centimetri alla ricerca di comete: ne scoprì 15 e fu il primo ad avvistare la cometa di Halley nel 1759, secondo la previsione dell’astronomo inglese, tanto che il re di Francia Luigi XV lo soprannominò “il furetto delle comete”. Messier catalogò gli oggetti nebulari solo per non perdere tempo confondendoli con la sua unica preda ambita: le nuove comete. Iniziò il 12 settembre 1758 con la Nebulosa del Granchio (M 1), nella costellazione del Toro, mentre inseguiva una cometa apparsa in quei giorni. Il primo catalogo di Messier è del 1771 e comprendeva 45 oggetti. La versione del 1784 ne elenca 103. Méchain ne aggiunse poi altri sette. La cosa curiosa è che oggi le comete di Messier sono dimenticate mentre i suoi “scarti” elencati nel Catalogo comprendono alcuni degli oggetti più attuali dell’astronomia contemporanea, dalla Nebulosa del Granchio, nella quale nel 1968 fu scoperta una delle prime Pulsar, alla nebulosa di Orione (M 42), dalla galassia di Andromeda (M 31) a quella dei Cani da Caccia (M 51), fino alle nebulose Trifida (M 20) e Laguna (M 8).

sabato 13 settembre 2008

L'incredibile resistenza dei tardigradi



Biologia
L'incredibile resistenza dei tardigradi
Come vivere nello spazio aperto.

Come questi animali riescano a rivitalizzare il loro corpo dopo dosi di radiazioni UV intensissime resta un mistero




Freddo prossimo allo zero assoluto, assenza di ossigeno, vuoto, radiazioni intensissime, questo è l'ambiente dello spazio esterno, e difficilmente si può pensare a condizioni più ostili alla vita. Eppure, alcuni animaletti hanno le potenzialità per sopravvivere anche in condizioni estreme come queste. A dimostralo è una ricerca condotta da Ingemar Jönsson dell'Università di Kristianstad, in Svezia, pubblicata sull'ultimo numero di Current Biology.
Gli animali in questione sono i tardigradi, minuscoli invertebrati dalle dimensioni comprese fra gli 0,1 e gli 1,5 millimetri, che vivono normalmente negli ambienti umidi dove prosperano muschi e licheni e sono stati scelti come candidati alla "vita nello spazio" perché quando il loro ambiente, come spesso accade, diventa secco, riescono a entrare in uno stato di criptobiosi, con il metabolismo così abbassato da consentire loro di resistere in quelle condizioni per anni.
Ai fini della ricerca diversi esemplari di tardigradi sono stati portati a bordo della navicella spaziale Foton-M3 lanciata dall'ESA nel settembre del 2007 ed esposti, nel corso di un'orbita attorno alla Terra a un'altezza di 270 chilometri, alle condizioni dello spazio aperto, ossia al vuoto, e alle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole e ai raggi cosmici.
E' risultato che molti di essi erano stati in grado di sopravvivere non solo al vuoto e ai raggi cosmici,ma anche a un irraggiamento con raggi UV di intensità oltre mille superiore a quella che può aversi sulla superficie del pianeta. E questi sopravvissuti erano anche tranquillamente in grado di riprodursi al ritorno del loro periglioso viaggio.
La capacità di resistere a un irraggiamento ultravioletto così intenso è la cosa che ha più sorpreso i ricercatori, dato che normalmente danneggia in modo irreparabile sia i tessuti sia il materiale genetico, e infatti rappresenta una diffusa pratica per garantire la sterilizzazione degli oggetti. Come ha scritto Jönsson,: "Come questi animali riescano a rivitalizzare il loro corpo dopo aver ricevuto una dose di radiazione UV superiore ai 7000 kJm2 in condizioni di vuoto spaziale [...] resta un mistero." (gg)

venerdì 12 settembre 2008

Un enorme ammasso di galassie




7 Settembre 2008

Un enorme ammasso di galassie
di Claudio Elidoro - Fonte: ESA



La scoperta è paragonabile al classico ago nel pagliaio. Gli astronomi stimano che di ammassi così grandi - si sta parlando di circa un migliaio di volte la massa della nostra Via Lattea - ce ne siano davvero pochi, dunque riuscire a individuarne uno è un vero scoop. In questo caso, poi, anche la buona sorte ci ha messo lo zampino. L'individuazione iniziale di 2XMM J083026+524133 (questa la sigla con la quale l'oggetto è stato catalogato) era avvenuta quasi per caso, mentre gli astronomi stavano studiando con XMM-Newton un altro oggetto celeste posto nelle vicinanze. Ma è stato solo grazie a un sistematico lavoro di analisi delle sorgenti del catalogo di XMM-Newton che il team di George Lamer (Astrophysikalisches Intitut di Potsdam in Germania) si è imbattuto in J083026 scoprendo finalmente le sue reali dimensioni.I primi dubbi sono sorti quando, incrociando i dati di XMM-Newton con quelli della Sloan Digital Sky Survey, gli astronomi non hanno scorto nessuna controparte ottica, segno che quella sorgente X non era affatto vicina, ma doveva essere collocata a distanze cosmologiche. Solamente grazie alle immagini profonde ottenute con il Large Binocular Telescope in Arizona è stato possibile scoprire che quell'oggetto misterioso era in realtà un ammasso di galassie. L'analisi dettagliata dello spettro X raccolto in circa 24 ore complessive di osservazioni da XMM-Newton ha quindi confermato che il redshift in gioco è di circa 0.99 - dunque la distanza è valutabile in circa 7.7 miliardi di anni luce - e la temperatura del gas presente tra le galassie si aggira intorno ai 95 milioni di K. Questi dati rendono J083026 il più caldo e il più brillante ammasso di galassie nel dominio X tra quelli caratterizzati da redshift superiore a 1 conosciuti finora. Non solo. Utilizzando i correnti modelli, Lamer e collaboratori hanno stimato che la massa complessiva dell'ammasso si aggirerebbe in circa 560 mila miliardi di masse solari, equivalenti più o meno alla massa di circa 1000 galassie come la nostra: un ammasso davvero gigantesco, dunque. Poiché la nascita e l'evoluzione degli ammassi di galassie come J083026 dipende strettamente dai parametri cosmologici, è evidente come una simile scoperta e le informazioni che può fornire possano aiutare non poco i cosmologi nel loro arduo compito. E magari gettare un po' di luce anche su quella misteriosa componente dell'universo chiamata energia oscura.
Links - Collegamenti:http://sci.esa.int/science-e/www/object/index.cfm?fobjectid=43263

giovedì 11 settembre 2008

Le meravigliose Torri del Paine


Le meravigliose Torri del Paine
Ambiente
Inserito da scienzetv il Lun, 08/09/2008 - 10:13

SANTIAGO, Cile -- Istituito nel 1959 e dichiarato dall’Unesco Riserva Mondiale della Biosfera nel 1978, il parco si trova a pochi chilometri da Puerto Natales nella Patagonia cilena. Le protagoniste dell’area protetta sono le famose Torres del Paine, tre enormi formazioni di granito che si ergono maestose tra il verde intenso dei boschi e la brulla steppa patagonica.
Ma altre cime si possono ancora ammirare in questo fantastico scenario: Los Cuernos, le Cumbre e tutta una serie di Cerro e Punta coronati da ghiacciai, appartenenti al Campo de Hielo Patagonico Sur (la maggiore riserva d’acqua dolce del Sudamerica), e circondati da laghi e vallate. Con i suoi 242.242 ettari di superficie, il parco ha una grande varietà di ambienti naturali grazie al particolare microclima che ospitano una flora molto ricca e una fauna altrettanto varia. Si va dall’arido deserto andino ai matorrales preandini passando per la steppa patagonica, con bassa e rada vegetazione, e il bosco deciduo con alberi dai tronchi scuri e contorti ricoperti da muschi e licheni. Boschi di lenga (Nothofagus pumilio) e di ñirre (Nothofagus antarctica) ospitano huemules (Hippocamelus bisulcus), condor, nandù (Rhea americana), guanachi (Lama guanicoe), volpi, cervi, puma, anatre, oche della Patagonia e fenicotteri. Il massiccio del Paine forma un sistema indipendente delle Ande patagoniche. Circa 12 milioni di anni fa si formò una intrusione di magma (laccolite) in una spaccatura della conca sedimentaria di Magellano. L’enorme massa magmatica sollevò lo strato superiore di roccia nera che, successivamente, venne eroso dal ghiaccio, dall’acqua e dai venti lasciando scoperti i monoliti ignei. Il chiaro granito è visibile nelle Torri, nella parte bassa dei Los Cuernos e nel Cerro Fortaleza, mentre la roccia sedimentaria forma la porzione più scura in cima a questi ultimi due. Una rete di circa 200 chilometri di sentieri ben mantenuti e segnati, con rifugi a distanza strategica e campeggi, offre accesso a differenti aree del parco. Il percorso classico è quello detto a “W” della durata di circa 5 - 6 giorni che percorre le tre principali valli del parco. Partendo dall’Hosteria Las Torres (dal lato dell’ingresso della Laguna Amarga), si sale lungo la Valle Ascencio da dove si dirama l’impervio sentiero che si inerpica sull’enorme morena delle Torres e che arriva ad affacciarsi su quella che è la più famosa e spettacolare vista dei tre pinnacoli (la Torre Norte, la Torre Central e la Torre Sur). In discesa, si imbocca un sentiero a mezza costa che si collega con il percorso che costeggia il Lago Nordenskjold per risalire, poi, la Valle Francés e godere della vista dei maestosi Cuernos del Paine (Cuerno Este, Cuerno Principal e Cuerno Norte). L’ultima valle e quella più ampia che percorre la riva est del Lago Grey e che costeggia anche l’omonimo ghiacciaio. Lungo questo percorso, proprio al Rifugio Grey, è un punto panoramico da cui si vede in tutta la sua maestosità il fronte del Ghiacciaio Grey.

martedì 9 settembre 2008

Lhc: l'esperimento fa davvero paura?



Lhc: l'esperimento fa davvero paura?
Inserito da scienzetv il Mar, 09/09/2008 - 12:28










GINEVRA, Svizzera -- Per gli amanti della scienza è un esperimento entusiasmante che resterà nella storia dell'umanità. Per due persone - un americano e uno spagnolo - un po' meno, visto che secondo loro potenzialmente non è a rischio zero. Domani verrà acceso il superacceleratore di particelle LHC del Cern di Ginevra, dando il via al più ambizioso esperimento di tutti i tempi.
I timori che l'esperimento abbia conseguenze disastrose - potrebbe creare un buco nero, dicono - però non sono fugati anzi, vengono fatti rimbalzare qua e là per internet grazie al lavoro di due personaggi che non hanno molto a che vedere con la scienza, ma che attraverso il meccanismo allarmistico dei media hanno ottenuto grande popolarità. Si tratta di walter Wagner e Louis Sancho. Sgombiramo il campo da equivoci. I due non sono scienziati. Wagner aveva incominciato a studiare fisica all’università di California, ma poi si è dato alla giurisprudenza, diventando avvocato. Di Sancho si sa ancora meno. Non è un ricercatore ma un «appassionato» del tempo, ha raccontato lo stesso Wagner. Ebbene i due hanno presentato un esposto alla Corte di Giustizia europea per bloccare l'esperimento. Secondo loro, la messa in funzione dell'Lhc avrebbe creato buchi neri in grado di inghiottire la Terra. A dir la verità l'iniziativa legale non è nuova. Era già stata tentata nel 1999 con l'acceleratore del Brookhaven National Laboratory americano. Ma il tribunale archiviò. Ora rieccoli con maggior clamore. A cui il Cern ha risposto dimostrando che le affermazioni dei due sono prive di fondamento scientifico. "Processi del genere avvengono ogni giorno in natura quando i raggi cosmici piovono sulla Terra e non succede mai nulla" hanno spiegato gli scienziati. "Inoltre la creazione di buchi neri è solo un’ipotesi della teoria ma non è detto che si creino. Tuttavia, nel caso in cui si generassero questi avranno un tempo di vita inferiore al secondo e svaniranno subito senza avere il tempo di interagire con la materia circostante".

La sonda Rosetta svela un diamante



IL CIELO
8/9/2008
Steins: la sonda "Rosetta" svela un "diamante"


PIERO BIANUCCI
Abbordaggio riuscito nella fascia degli asteroidi: la navicella europea “Rosetta” alle 20,58 del 5 settembre ha sorvolato il pianetino Steins alla velocità di 8,6 chilometri al secondo spingendosi fino a una distanza di appena 800 chilometri dalla sua superficie. Avendo ottimizzato la sua traiettoria, nonostante la notevole velocità del fly-by “Rosetta” ha ripreso molte immagini dell’asteroide e ha analizzato lo spettro della luce solare che riflette. Per compiere questa impresa è entrata in azione buona parte degli strumenti a bordo della navicella, in particolare il sistema di imaging Osiris e lo spettrometro infrarosso Virtis. Le immagini mostrano un oggetto di circa 5 chilometri di diametro, la cui forma “sfaccettata” ricorda vagamente quella di un diamante. “Steins sembra un oggetto molto interessante – ha detto Sylvie Espinasse dell’Agenzia spaziale italiana –. In particolare vediamo un cratere largo quasi 2 chilometri sopra un asteroide di appena 5, testimonianza di un impatto molto violento. Si distingue poi una serie di altri crateri più piccoli perfettamente allineati che farebbero pensare all’impatto con una cometa frammentata. Dovremo studiare attentamente questi dati nelle prossime settimane, e una volta elaborate le immagini di Virtis avremo anche più informazioni sulla composizione. Il dato affascinante è che ogni volta che studiamo un asteroide ci rendiamo conto che sono tutti oggetti unici, completamente diversi l‘uno dall’altro”. La catena di craterini di cui parla Sylvie Espinasse è composta da sette cavità. Il conteggio e l’analisi degli altri crateri minori – finora ne sono stati individuati 23 – aiuterà a determinare l’età di Steins. L’asteroide (o pianetino) Steins fu scoperto nel 1969 dai russi Chernykh e Nauchnyi e intitolato al loro connazionale Karlis Augustovich Steins (1911-1983), direttore dell’Osservatorio universitario di Latvian, noto per i suoi studi sull’origine delle comete. Steins è un asteroide di tipo E dalle caratteristiche insolite: dovrebbe essere composto soprattutto da silicati e basalti. Per questo si attende con impazienza il risultato dell’analisi spettrale. Tra i pianetini già visitati ricordiamo Gaspra (il primo, abbordato dalla navicella “Galileo” in rotta verso Giove), Ida (che alla stessa navicella rivelò un piccolo satellite, battezzato Dactyl), Mathilde, Eros (studiato per un anno nei minimi particolari dalla navicella americana Near-Shoemaker), Braille, Annefrank, Itokawa. Nel 2007 è partita una missione per l’osservazione di Cerere (l’asteroide più grande, ora considerato “pianeta nano”) e Vesta. Dopo Steins, nel 2010 “Rosetta” visiterà ancora il pianetino “21 Lutetia”, scoperto nel 1851 da Goldschmidt all’Osservatorio di Parigi, dal diametro di circa 100 chilometri. Poi si dirigerà verso il suo ultimo traguardo, la cometa 67/P Churymov-Gerasimenko, che raggiungerà dopo aver percorso 6,5 miliardi di chilometri. Il viaggio della navicella europea è iniziato nel marzo 2004. Per raggiungere la velocità necessaria, è già passata due volte intorno alla Terra e una volta intorno a Marte, ricevendone tre spinte gravitazionali. Il terzo e ultimo passaggio intorno alla Terra avverrà nel novembre 2009 e le imprimerà l’ultima spinta. Altre informazioni sul sito
Esa.
Da lastampa.it

sabato 6 settembre 2008

Il rap degli scienziati per il test sul Big Bang



Il 10 settembre è in programma il Large Hadron Collider. Secondo alcuni scienziati "si rischia la fine del mondo"
Il rap degli scienziati per il test sul Big Bang
Il Cern spiega in musica perché non bisogna avere paura di MARINA ZENOBIO



La sala operativa del Cern a pochi giorni dal discusso test del Large Hadron Collider (Lhc) a Ginevra, gli scienziati più giovani del CERN (Centro europeo per la ricerca) hanno messo in rete un video che a tempo di rap racconta l'esperimento e rassicurare la gente. ASCOLTA IL RAP DEGLI SCIENZIATI Perché le particelle elementari presentano masse diverse? Sappiamo che il 95% della massa dell'universo è costituita da materia diversa da quella ordinaria. Di che si tratta? In altre parole, cosa sono la materia e l'energia oscura? In termini per non addetti ai lavori, come ha avuto inizio l'universo? A queste ed altre domande i fisici di tutto il mondo sperano di trovare risposte esaurienti il 10 settembre. In un tunnel di 27 chilometri di circonferenza, scavato tra 50 e 150 metri sotto terra tra le montagne del Giura francese e il lago di Ginevra in Svizzera, l'Lhc (Large hadron collider), il più grande e potente acceleratore di particelle esistente al mondo costato 6 miliardi di euro, farà scontrare due fasci di particelle atomiche che viaggiano in direzione opposte e ad altissima velocità (oltre il 99,9% della velocità della luce) generando temperature che supereranno un trilione di gradi Celsius (100 mila volte più alta di quella che esiste al centro del sole) e una pioggia di nuove particelle che verranno studiate dai fisici. In questo modo gli scienziati sperano di individuare le particelle dette bosoni di Higgs, che, per ora solo in teoria, avrebbero dato massa ad ogni altra particella esistente.


La collisione avverrà in quattro punti, in corrispondenza di quattro caverne in cui il tunnel si allarga in altrettante sale, o stazioni sperimentali, che ospitano le sedi dei rivelatori dei principali esperimenti di fisica delle particelle programmati dal Cern. E' infatti il Centro europeo per la ricerca nucleare, con sede a Ginevra, alla guida del più grande, ambizioso e costoso test scientifico di tutti i tempi, finanziato da venti paesi europei più gli Stati uniti ma che sta facendo discutere tra loro ricercatori di tutto il mondo. Un gruppo di studiosi contrari all'esperimento, preoccupati dai rischi che potrebbe comportare il ricreare le condizioni che esistevano una frazione di secondo dopo il big bang che ha dato origine all'universo, qualche tempo fa si era rivolto alla Corte europea dei diritti umani denunciando gli Stati sponsor del progetto di violare il diritto al rispetto della vita privata e familiare, e chiedendo quindi la sospensione del test. Il ricorso - comunque respinto - parla di mondo a rischio distruzione, di esperimento che potrebbe addirittura creare un mini buco nero che, nel giro di quattro anni, aumenterà di potenza e dimensioni fino a risucchiare in sé il pianeta stesso. Per fortuna questi scenari apocalittici sono molto lontani dalla realtà, anche perché - seppur in tono minore - è da trent'anni che si fanno test simili senza che siano state registrate conseguenze particolari. Secondo il portavoce del Cern James Gillies, il ricorso non ha introdotto argomenti che non siano stati già stati esaminati in passato e se questi esperimenti fossero pericolosi già lo si saprebbe. Al Centro europeo per la ricerca nucleare sono convinti che non c'è nessun motivo per temere che la messa in opera dell'Lhc possa dar vita ad un buco nero, anche perché in natura - come quando i raggi cosmici colpiscono la terra - si producono continuamente collisioni di energia, persino più forti di quelle che saranno prodotte artificialmente dall'acceleratore.
Fonte ANSA

venerdì 5 settembre 2008

Tempesta tra le stelle




news
03/09/2008
Tempesta tra le stelle
Argomento: News osservatorio
Autore: flavio






Le affascinanti immagini di un grande sistema temporalesco fotografato dal Monte Baldo il 7 agosto.
Torreggiante a sino forse ad una quota di 12000 metri un grande cumulonembo si eleva ad Est nella notte creando un incredibile contrasto con il limpido cielo stellato visibile il 7 agosto 2008 dall’Osservatorio del Monte Baldo.
Queste spettacolari nubi si formano a causa di forti correnti d’aria ascensionali che sollevano il vapor d’acqua sino ai limiti della troposfera, dove comincia ad espandersi orizzontalmente, per poi ricadere con altrettanto veloci correnti discensionali, generando forti venti e violenti temporali. Questi moti turbolenti generano elettricità statica che da luogo ai fulmini che illuminano come in un grande fuoco di artificio la gigantesca struttura nuvolosa.

Foto Emiliano Lorenzetti. Elaborazioni e testo Flavio Castellani